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La storia medievale dell’Alto Cesano illustrata a Cagli e a San Lorenzo in Campo dallo studioso Ettore Baldetti

La storia medievale dell’Alto Cesano illustrata a Cagli e a San Lorenzo in Campo dallo studioso Ettore Baldetti

CAGLI – In due gremite conferenze tenute a Cagli e San Lorenzo in Campo, organizzate da Archeoclub e Pro Loco locali coadiuvati dalle rispettive Amministrazioni comunali, è stata presentata l’edizione critica “Santa Maria di Sitria. Fonti scritte di un’abbazia romualdina sull’Appennino Umbro-marchigiano (1013 – 1390)”, stampata dalle Arti Grafiche Editoriali (AGE) di Urbino e curata da Ettore Baldetti.

Negli interventi dello stesso curatore è stata descritta dapprima  l’evoluzione dell’ente monastico umbro-marchigiano, dalla fondazione, ad opera del celebre monaco riformatore Romualdo da Ravenna sulle pendici del Monte Catria, all’interazione politico-religiosa con il comune di Senigallia nel pieno medioevo, fino all’articolato periodo  avignonese-albornoziano e al predominio della signoria degli Atti di Sassoferrato, dal 1390  al 1453,  seguita dalla secolarizzazione e dal trasferimento della sede amministrativa dei beni, estesi dall’Eugubino al Senigalliese, nel feudo abbaziale di Barbara sul finire del ‘400.

Tuttavia negli incontri sono state in particolare evidenziate le nuove conoscenze apportate alla storia dell’alta valle del Cesano, a partire dall’individuazione delle altomedievali sedi di confine longobarde – ereditate dall’abbazia di Sitria – verso la zona controllata dai Bizantini lungo l’antica Flaminia, da Fano a Cagli e alla scomparsa Luceoli, con la locale deviazione per Gubbio e Perugia, in direzione di Roma, onde evitare il ducato longobardo di Spoleto. In effetti si è sottolineato come  i beni sitriensi di Cagli – tra Fenigli, Carpineto e Montaiate – interessino solamente la periferia dell’attuale territorio in prossimità dei cosiddetti Monti di Pergola e della relativa catena appenninica del San Vicino, altresì naturale delimitazione fra il territorio bizantino-pentapolitano di Senigallia e il distretto longobardo di Nocera Umbra, desumibile anche da un atto avellanita del 1065.       Un documento, relativo ad una contesa confinaria fra le comunità di Sitria e Fonte Avellana del 1276, ha poi permesso di individuare nell’alto Cesano un allineamento approssimativamente ortogonale al precedente, interposto non solo fra i beni avellaniti e sitriensi, ma anche fra la preesistente area bizantino-ravennate controllata da Gubbio e quella nocerino-spoletina di tradizione longobarda.

Dopo 8 anni dalla disfatta dei Longobardi ad opera dei Franchi di Carlo Magno, nel 782 l’area spopolata e boschiva, interposta fra Metauro e Cesano, venne acquisita dai Bizantino-ravennati ed in particolare dall’abbazia di S. Apollinare in Classe, assumendo il nome di Massa Ravenniana. Qui dal 1001 sono documentati  i possessi di un nuovo monastero benedettino locale di matrice ravennate, S. Lorenzo in Campo, sorto cioè su una radura della “Selvadonica”, la selva “dominica”, appartenuta ad un signore locale. La potente abbazia ricevette più tardi le spoglie di San Demetrio, veneratissimo patrono di Tessalonica attuale Salonicco, probabilmente nel 1224 da un crociato italiano di ritorno dalla caduta della città in mano al despota dell’Epiro, e nello stesso periodo l’omonimo comune diviene sede di uno dei tre presidati della Marca, cioè un tribunale pontificio dove si giudicavano le più rilevanti cause delle Marche centro-settentrionali.

 

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