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Ancora scogliere a Marina di Montemarciano? Meglio un indennizzo per l’arretramento degli esercizi strabordanti sul mare

Ancora scogliere a Marina di Montemarciano? Meglio un indennizzo per l’arretramento degli esercizi strabordanti sul mare

Sarebbe il primo passo di un’azione che si dovrebbe programmare per un periodo abbastanza lungo

di LEONARDO BADIOLI

MARINA DI MONTEMARCIANO – Chi voglia fare due passi lungo il tratto di costa in erosione da Marina di Montemarciano in direzione di Senigallia potrà facilmente constatare un fatto che è già ben conosciuto dagli esperti: le scogliere fermano le onde sul posto in cui sono gettate, ma trasferiscono, potenziata, la forza del mare nel tratto attiguo: soprattutto quelle radenti.

In questi giorni in cui l’assalto del mare da Sud Est è molto forte, si vede  bene come i cosiddetti “pennelli” siano abbastanza efficaci dove sono lunghi, ma che la loro efficacia digrada accorciandosi verso Senigallia.

Più avanti si trovano, nell’ordine tre ristoranti aggettanti sul mare. Questi tre locali reggono bravamente le onde per il fatto che sono protetti da scogliere, che hanno immancabilmente costretto le onde a sfogarsi a lato, sempre in direzione Nord. Sono dunque nello stesso tempo bersaglio dell’onda quanto attori dell’erosione che muovono al loro fianco.

Le adiacenti aree sono al momento le più esposte al processo erosivo, tanto proceduto in quella direzione da mettere in pericolo anche la fila delle prime villette che si allineano dall’altra parte della strada. Non c’è dubbio, dunque, che se verranno gettate ulteriori scogliere per difendere la linea di costa che sta ad esse di fronte, lo stesso processo si riprodurrà quanto prima più avanti.

Ecco perché non possiamo pensare che si investa ulteriore denaro in un’azione che non farà altro che peggiorare le cose. Ricordino i signori decisori che, nel momento in cui autorizzano una scogliera a difesa di un esercizio privato, si rendono responsabili degli effetti che poi quell’autorizzazione produrrà; e che tanto più lo diventano se assegnano concessioni per esercizi in luoghi molto esposti all’erosione marina.

E’ tempo ormai che i decisori si rendano conto che non possono transennare tutta l’Italia – le cui coste, in effetti, soffrono l’aggressione erosiva per un 40% del totale. E’ tempo che si diano una spiegazione di questa enorme osmosi: l’erosione della costa è principalmente dovuta all’eccessivo avanzamento degli insediamenti “sul” mare.

Riflettano sul fatto che la difesa della costa non può essere rigida (perché il mare in questo modo comunque prevale) ma flessibile. Se comporta un arretramento, è necessario metterlo in programma e cominciare ad agire in modo diverso.

A tale scopo non possiamo prescindere dal fare un programma di lunga durata, o almeno un atto di indirizzo che guidi all’arretramento progressivo delle strutture che insistono su tratti di costa molto esposti all’attività erosiva, e ne chiarisca ai modi. Uno di questi modi è la delocalizzazione in aree meno esposte.

Un altro modo di intervenire è – dove la costa presenta una prima duna – come fanno in Croazia – gettare un solettone rialzato di cemento sorretto da pali in modo che l’acqua circoli e si spenga sotto. Il programma dovrà essere consapevole di queste strategie.

Con quali soldi realizzarle e a spesa di chi fare simili operazioni?

Cominciamo intanto a non spendere più soldi in scogliere. Certo, non vogliamo perdere Santa Maria di Portonovo; ma dove è possibile, non proteggiamo più la costa ma rispondiamo dove è possibile incentivando arretramenti.

I soldi che spendiamo infruttuosamente in scogliere che producono altra erosione diamoli direttamente a loro, ai proprietari degli immobili e ai gestori dei locali, in forma di indennizzo perché arretrino la loro postazione di almeno trenta metri – ne esiste la possibilità poco più giù, a Marina, dove l’allineamento dei pennelli ha protetto spazi vuoti – , o, in ogni caso, perché facciano in modo di non essere essi stessi riproduttori di effetti erosivi.

Sarebbe questo un primo passo di un’azione che comunque si dovrà intraprendere e programmare, immaginiamo, per un periodo che arrivi al 2050.

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