CULTURAMARCHE

Quando la poesia di Silvia Comoglio e quella di Jean Flaminien si confronta nei significati

Quando la poesia di Silvia Comoglio e quella di Jean Flaminien si confronta nei significati

di TIBERIO CRIVELLARO

I binari sono anche due parallele percorse da un treno che ha un punto di partenza e uno di arrivo, sopra tutto quando il viaggio è inteso come percorso poetico. Dunque percorrere e attraversare linee di demarcazione cui spingersi, andare oltre in quello o quell’altro modo di farlo. Come fa l’arte nelle sue varietà, modi, stili e linguaggi nei molteplici movimenti che risentono di un tempo logico; luogo pulsionale ove i linguaggi si traducono non senza visionarietà.

Ma la poesia dove abita? Come tutte le arti in un luogo dove una linea si divide in molteplici parallele: quelle dell’arte visiva, della musica, quella letteraria, immaginando dei metodi che già conosciamo: lo sperimentalismo come “ammutinamento” contrariamente ai canoni solitamente “imposti” dagli alti comandi istituzionali della scolastica. Due esempi a confronto: “il tempo ammutinato – Partiture” di Silvia Comoglio e quello apparentemente più aulico di Jan Flaminien in “L’essere che confida” ambedue per i tipi di Book Editore (Riva del Po – Fe), editore che si distingue (come pochi altri) dalle tante, troppe “miserabili italiane”, dove i contenuti contano poco quanto contano interessi altri spesso manovrati dai così detti poeti “laureati” in tornacontologia. Non era Toni Negri il cattivo maestro. Odo una eco famigliare: “ma lo sperimentalismo non si fa capire!”. Risposta a quelli ciechi e sordi: “se non ci fosse, non sarebbero esistiti i Dante, i Leopardi o gli Ungaretti, i Porta, se si preferisce”.

Occorre provare a cogliere i significanti come quello dei bei campi arati pronti alla semina, ad esempio, sembrano consigliare la Comoglio e Flaminien quando hanno composto le loro “sinfonie”. Con pazienza e lettura (che arricchiscono la propria cultura), gli enigmi si sciolgono. Sembra così interrogarsi Silvia Comoglio in: “ma, fiorisce dunque la parola/ in specchiata ombra immedicata?” (…) è un dio allora a tinnare di bocca/ in ombre di barbe pure di vita?” se: “i-mmorrale proclamo te/  nel tempo ammú-tinato”, si risponde filosofando teo/retica/mente. P

iù immediato e spontaneo è il guascone Jean Flaminien nelle complicazioni di un’insana geopolitica (rammentando l’elaborazione teorica dello psicoanalista marsigliese Roland Gori che da un decennio studia questi fenomeni responsabili dei disastri economici e delle guerre nel mondo): “Scuotersi ogni mattina come un cane,/ ritrovarlo nella propria vita,/ partecipare al suo entusiasmo./ Alleggerirsi al fardello dell’incertezza/ che grava sui nostri comportamenti:/ è la sottomissione delle cose che muta la nostra identità,/ turbando la nostra felicità, (…)”. Uno degli esergo di Baudelaire citati nella raccolta: ”Tutte queste cose attraverso me,/ e io penso attraverso loro”. E bella la citazione del mio povero amico Philippe Sollers (scomparso da poco – quello dello sperimentale “Paradis”): “Un’esperienza totalmente diversa del tempo, dello spazio, dell’ascoltare, del vedere, del sentire, del gioire” (da: “Fiducia dell’infinito”) È proprio dall’infinito, o meglio dal transfinito che i nostri due autori, apparentemente con scritture opposte, sembrano incontrarsi: due linguaggi squisitamente stranieri. Ma è proprio la stranianza che mette in scena una concatenazione di significanti da tradurre. La vicina libreria o internet (sob) permetterebbe di viaggiare con Silvia Comoglio e Jean Flaminien.  Ite missa est.

SILVIA COMOGLIO

IL TEMPO AMMUNITATO – Partiture

JEAN FLAMINIEN

L’ESSERE CHE CONFIDA

(Book Editore)

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