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Una grande regia di Pier Luigi Pizzi per Turandot al teatro della Fortuna di Fano

Una grande regia di Pier Luigi Pizzi per Turandot al teatro della Fortuna di Fano

di PAOLO MONTANARI

FANO – Un trionfo per una regia moderna con contenuti e lezioni del teatro classico e costumi che potrebbero essere raffigurati in tele del trecento.

E’ questa la sintesi di Turandot di Giacomo Puccini portata in scena e diretta da Pier Luigi Pizzi, assente per l’occasione per i gravi problemi a Venezia dove il regista vive. Un’opera molto conosciuta Turandot, a cui Pizzi si è avvicinato in punta di piedi rispettando innanzitutto l’epilogo originale che termina con la morte di Liù, una brava Maria Laura Iacobellis, la cantante più applaudita dal pubblico del teatro La Fortuna di Fano. E si perché Puccini non terminò l’opera e solo Alfano diede un finale grandioso e scontato, e tutti furono felici e contenti, riprendendo i canoni favolistici del settecento in questo caso di Carlo Gozzi, l’acerrimo nemico di Carlo Goldoni, il vero rivoluzionario del teatro italiano.

Nella sua prima direzione d’orchestra di Turandot alla Scala di Milano, Arturo Toscanini fece concludere l’opera con la morte di Liù e anche Pizzi, genio della scenografia e della regia teatrale, compie questo atto, in cui l’amore innocente di Liu’ crea un nuovo mondo e le palle bianche luminose di Pechino, segno di morte e di vendetta, vengono sostituite dal sole da un chiarore purificatore.

L’immagine del principe ignoto Calaf interpretato dal tenore Francesco Pio Galasso, bella e intensa la sua interpretazione di Nessun dorma, inclinato sul corpo di Liu’ accanto al padre cieco e Turandot in piedi in un atteggiamento di donna sconfitta ma allo stesso tempo frastornata dal pentimento e dal risveglio di un sentimento arcano l’Amore.

Una Turandot non arcigna, come ci ha abituato la letteratura lirica pucciniana. Fin dall’inizio la sua presenza che non è statuaria, ci rende più vicino, questo personaggio che subisce una metamorfosi nei costumi<. dapprima una tunica e vestito a velo lungo rosso, segno del sacrificio dei suoi pretendenti e poi la catarsi che già lei sente in lei, prima di mettere alla prova il giovane Calaf con i tre enigmi. Turandot, interpretata dalla soprano Tiziana Caruso con accentuazioni poco drammaturgiche, è vestita di bianco.

Un rinnovamento che Pizzi ha voluto svelare da un punto di vista psicologico gradatamente.

Bravi i tre sapienti Ping Pong e Pang, che oltre ad interpretare il loro ruolo in maniera efficace, si sono integrati nella struttura scenica in una osmosi perfetta con il popolo di uomini e di donne di Pechino.

Due menzioni particolari al Coro del Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno e ai Pueri Cantores D.Zamberletti di Macerata. Molto brava ed equilibrata l’esecuzione musicale dell’Orchestra Filarmonica Marchigina diretta da Pietro Rizzo.

(Le foto sono di Marta Fossa)

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