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Uno straordinario Simone Cristicchi porta in scena “Esodo” alla Fenice di Senigallia

Uno straordinario Simone Cristicchi porta in scena “Esodo” alla Fenice di Senigallia

di FABRIZIO ILACQUA

SENIGALLIA – Ci sono pagine della storia che giacciono sotto una coltre di polvere, storie scomode che sono state espunte dai libri di storia, le vittime, per pudore ed orgoglio, sono rimaste in silenzio. Ma queste storie sono proprio come un fiume carsico che scorre sotto terra: il fiume non si vede, ma c’è. Aspetta solo di trovare il punto in cui la terra si apra per poter sgorgare fuori, e tornare alla luce del sole. Una di queste storie sepolte è senz’altro l’esodo degli italiani d’Istria.

Una pagina dimenticata per oltre cinquant’anni. Poi tacere è diventato impossibile e così, è stata istituita la Giornata del Ricordo, esattamente nel 2004. Quella storia è, dunque, riemersa ed alcuni si sono dati l’impegno e il dovere morale di raccontarla. Fra questi senz’altro Simone Cristicchi, il cantautore romano – o forse come preferisce definirsi lui, Cantattore – che ha portato in scena il 18 febbraio, al Teatro La Fenice di Senigallia, il suo spettacolo “Esodo”, proprio sul dramma degli italiani d’Istria costretti a lasciare le proprie case appena terminato il secondo conflitto mondiale, ma le pressioni sugli italiani erano iniziate a partire dal nostro tragico 8 settembre del ’43. Uno spettacolo coinvolgente e straordinario che non fa sconti e rimarca tanto le responsabilità degli italiani e del Ventennio fascista quanto quelle dei titini che usarono tutti i mezzi per spaventare i nostri connazionali, per indurli così, a lasciare quelle terre e poterle così annettere alla Jugoslavia di Tito. Cristicchi racconta e lo fa con grande maestria, lo spettatore resta incollato alle storie che si dipanano come il filo di una matassa, storie che, messe tutte insieme, arrivano a formare un mosaico, un quadro d’insieme in cui tutto appare chiaro ed evidente.

Tanti i punti apicali del patos: il magazzino 18 con le sue cose che i fuggiaschi hanno abbandonato e che sembrano muti fantasmi che stanno lì a rievocare la vita di persone che paiono diventate soltanto spettri, il ricordo delle foibe e di Norma Cossetto, l’accoglienza dura e aspra di una parte degli italiani che non volevano quegli stranieri perché considerati fascisti, ma che fascisti non erano perché la stragrande maggioranza di loro era soltanto composta da italiani. Bravissimo e misurato Cristicchi che non indulge mai nel facile sentimentalismo, si muove a metà tra l’attore che recita un monologo e lo storyteller che guarda la storia dal di fuori. Il racconto è impreziosito da alcune canzoni che svolgono, come nel coro delle tragedie greche, la funzione di sottolineare i momenti chiave. Uno spettacolo intenso e bellissimo, da non perdere.

 

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