CULTURASENIGALLIA

Le inquietudini dell’uomo contemporaneo in “Intervista col vampiro” di Anne Rice

Le inquietudini dell’uomo contemporaneo in “Intervista col vampiro” di Anne Rice

di LUCA RACHETTA

SENIGALLIA – Intervista col vampiro è il romanzo di apertura delle Cronache dei vampiri della scrittrice statunitense Anne Rice, lunga e articolata saga che trova il suo elemento di connessione nel personaggio del vampiro Lestat.

Lestat de Lioncourt, la cui biografia antecedente le vicende di Intervista col vampiro è ricostruita dal successivo Scelti dalle tenebre, fa in questo romanzo da coprotagonista e, sul piano dei temi trattati, da contraltare alla personalità complessa e tormentata di Louis de Pointe du Lac, creolo di origine francese e proprietario terriero, che ha ricevuto proprio da Lestat “il dono oscuro”, ossia la condizione di vampiro, comprendente l’immortalità e altri poteri.

La stabilità del “ménage” tra i due, che mima i termini un rapporto affettivo, è minato da una sostanziale differenza ideale nell’approccio alla vita: Lestat rappresenta difatti quella natura allo stato brado, senza sovrastrutture morali, da cui Louis vuole prendere le distanze, smussando gli angoli degli aspetti più egoistici e istintivi insiti in essa. Il protagonista del racconto conduce così un lungo percorso di ricerca, dal 1791 fino agli anni Sessanta del secolo Ottocento, per raggiungere la verità da cui non può prescindere: chi è il vampiro, da chi è stato creato e qual è il ruolo terreno di una creatura che non sembra appartenere né a Dio né al demonio. L’intento di Louis non è tanto quello di astenersi dall’uccidere (in fondo, come apprende ben presto, il sangue degli animali è sufficiente per vivere) e dall’edonismo senza freni, misto a sadico compiacimento, di Lestat, nei confronti del quale prova, nel corso del tempo, un crescente senso di ripulsa e di sdegno, ma soprattutto quello di dare un senso alla sua esistenza “mostruosa”, di trovare una verità che la qualifichi come qualcosa di più complesso dell’inseguire il soddisfacimento dei propri desideri senza pagare le conseguenze di punizioni o rimorsi, come accade in Lestat.

L’atmosfera decadente di New Orleans (la storia inizia in realtà nel 1791 tra le piantagioni di indaco di Pointe du Lac, dove Louis e Lestat dimorano fino al 1795 per poi trasferirsi, appunto, nella più importante città della Louisiana) ha l’impronta del Vecchio Mondo, con evidenti tracce della Francia aristocratica prerivoluzionaria, dei costumi libertini, della vita bohèmienne, ma è allo stesso tempo caratteristica peculiare del Nuovo Mondo: un crogiuolo di popoli, lingue e culture che non hanno sviluppato alcuna forma di amalgama, che sono portati a sopravvivere sfuggendo alla miseria materiale e morale, a soddisfare bisogni primari o a perseguire propositi di lucro e di vita gaudente. La peste che ha colpito la città diventa così il simbolo della malattia che svuota di linfa vitale la comunità di New Orleans. Ma Louis sente che la sua identità, non solo culturale, risiede in Francia: forse è lì che potrebbe trovare il maestro che Lestat non è stato in grado di essere e le risposte che cerca. Temendo di perdere Louis, dalla cui sensibilità, tanto diversa dalla sua, è fortemente attratto, Lestat trasforma in vampiro Claudia, una bambina orfana e malata di peste, sicuro del fatto che l’amico avrebbe provato per questa creatura un affetto di natura filiale da cui non sarebbe riuscito ad affrancarsi. Tuttavia, proprio in virtù della complicità tra loro instaurata, Louis e Claudia uccidono (o meglio, tentano di farlo, come si saprà in seguito) colui che li aveva creati vampiri, sebbene il piano per sbarazzarsi di Lestat, che mai li avrebbe lasciati allontanare da lui, sia ordito ed attuato quasi interamente da Claudia.

Ma il ritorno in Europa, più una conoscenza diretta che un recupero delle origini (Louis era soltanto nato in Francia, pur essendo legatissimo alla lingua, alla cultura e alle vicende politiche francesi, come testimonia il suo interesse per le notizie relativa alle fasi della Rivoluzione, all’avvento di Napoleone e alla rabbia provata quando questi cede la Louisiana agli Stati Uniti d’America), è anche occasione del recupero, da parte della Rice, della letteratura sui vampiri, dai riferimenti al Dracula di Bram Stoker (la presunta epidemia sulla nave che portava Louis e Claudia in Europa ricorda l’analogo episodio del romanzo dello scrittore irlandese) alla vicenda degli abitanti del villaggio della Transilvania impegnati a combattere i vampiri che stavano imperversando nella zona, nel corso della quale risuonano echi di leggende e di luoghi comuni presenti nell’immaginario collettivo.

I vampiri dell’Est dell’Europa, privi di ragione e simili ad animali selvaggi,  sono cadaveri ambulanti, scheletrici, con uno strato di pelle coriacea e raggrinzita a coprire le ossa, le orbite degli occhi vuote, buchi al posto delle narici: sono i vampiri delle tradizioni popolari, proiezione di paure primordiali, di fronte ai quali Louis pensa con orrore di aver ucciso l’unico vampiro simile a lui e a Claudia, ossia Lestat. Solo nella terza parte del libro, ambientata nella Parigi di Napoleone III, si mostrerà una categoria di vampiri ben diversa, la cui scoperta lasciamo al lettore per non privarlo del piacere della lettura.

Anne Rice cerca dunque di recuperare il retroterra antropologico e letterario della sua opera, per costruire, su queste basi, un edificio narrativo molto più ricco e originale, alimentato da riflessioni di natura etica e religiosa e dalla poetica estetizzante e decadente del secolo diciannovesimo; elementi culturali che giungono fino ai primi anni Settanta del Novecento (il romanzo è stato pubblicato nel 1976) e anche al lettore odierno con tutto quel carico di ansie e di interrogativi che fanno di Intervista col vampiro un’opera quanto mai attuale in un’ epoca, come la nostra, screziata di materialismo, di edonismo e di smarrimento di valori e di identità, che trovano voce nell’inquietudine di Louis e nel nichilismo cinico e arrogante di Lestat, a ben vedere la maschera trasparente della sua vulnerabilità.

 

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