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Martiri di carta, dieci giornalisti marchigiani caduti nella Grande Guerra

Martiri di carta, dieci giornalisti marchigiani caduti nella Grande Guerra

Un libro fresco di stampa, promosso dalla Fondazione Murialdi e scritto da Pierluigi Roesler Franz insieme a Enrico Serventi Longhi, raccoglie le storie di duecento giornalisti morti nella Grande Guerra un secolo fa. Tra loro dieci eroi della nostra regione

di ALESSANDRO FELIZIANI

Augusto Agabiti di Pesaro, Alberico Bacciarello di Ancona, Filippo Corridoni di Pausula (Corridonia), Lamberto Duranti di Ancona, Ennio Mancini di Jesi, Manlio Marinelli di Ancona, Amilcare Mazzini di Mondolfo, Arturo Mugnoz di Macerata, Eugenio Niccolai di Pausula (Corridonia) e Gaetano Serrani di Tolentino. Dieci marchigiani, tutti nati sul finire dell’Ottocento e tutti accomunati, sia da una passione, il giornalismo, sia da una fine tragica, la morte sui campi di battaglia durante la Prima Guerra mondiale. La storia di questi dieci eroi, quasi tutti sconosciuti ai più o dimenticati, è stata ricostruita attraverso sette anni di intense ricerche d’archivio dal giornalista Pierluigi Roesler Franz che insieme al ricercatore universitario Enrico Serventi Longhi ha curato un libro appena pubblicato da Gaspari Editore di Udine per conto della Fondazione sul giornalismo “Paolo Murialdi”. S’intitola “Martiri di carta. I giornalisti caduti nella Prima Guerra Mondiale”, presentato nei giorni scorsi a Torino durante il Salone internazionale del libro.

Nella 448 pagine del volume si racconta la storia – finora mai scritta – di oltre duecento giornalisti ed intellettuali, di tutte le regioni italiane, morti nel conflitto mondiale 1914-1918.

Corredato da note esplicative, foto d’epoca, ritratti dei protagonisti e mappe dei luoghi delle battaglie in cui “i martiri di carta” hanno perso la vita, il libro costituisce in un certo senso una pagina inedita della storia giornalismo italiano dei primi anni del Novecento.

L’iniziativa del collega Pierluigi Roesler Franz di compiere ricerche sui giornalisti caduti nelle Grande Guerra risale al 2011 quando nei sotterranei della sede dell’INPGI a Roma, fu casualmente ritrovata una lapide – della quale si erano perse le tracce – con i nomi di 83 giornalisti Caduti in guerra tra il 1915 e il 1918, inaugurata da Mussolini il 24 maggio 1934 al Circolo della Stampa di Roma. Le ricerche d’archivio hanno poi appurato che i giornalisti Caduti in combattimento o a seguito di feriti riportate al fronte sono stati circa il doppio.

Nel panorama storiografico e giornalistico mancava un lavoro capace di unire biografie, storia sociale, storia militare e storia politica. Quello appena pubblicato è quindi un contributo capace di interessare storici, giornalisti, appassionati e semplici lettori, anche in virtù della categoria scelta, quella dei giornalisti: storie vere, di uomini in carne in ossa, restituite grazie a una sistematica ricerca storica basata su un’ampia bibliografia, su centinaia di articoli di giornali e su documenti d’archivio.

La pubblicazione rappresenta la prima attività di studio e ricerca svolta dalla Fondazione sul giornalismo “Paolo Murialdi” e si colloca nell’ambito delle iniziative nazionali per la celebrazione del centenario della partecipazione dell’Italia alla Grande Guerra.

La Fondazione sul giornalismo “Paolo Murialdi” è stata costituita dai quattro organismi della categoria (Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani e Cassa Autonoma di Assistenza Integrativa dei Giornalisti Italiani) con lo scopo di raccogliere e mettere a disposizione degli studiosi e dei ricercatori tutta la documentazione sulla vita e sulla storia del giornalismo italiano. Ha sede in Roma in un prestigioso ufficio in via Valenziani 12/a a pochi metri dalla Breccia di Porta Pia. La sua attività è volta anche alla promozione e alla pubblicazione degli studi sul giornalismo, all’organizzazione di convegni e dibattiti e all’istituzione di borse di studio e di ricerca. È intitolata a Paolo Murialdi che è stato giornalista, sindacalista della categoria e storico del giornalismo, nonché Presidente della FNSI dal 1974 al 1981.

Ecco brevi cenni sui dieci giornalisti marchigiani che hanno perso la vita nelle Prima Guerra Mondiale:

Augusto Agabiti fu direttore dal 1914 della rivista teosofica “ULTRA” di cui era stato collaboratore sin dal 1907. Scrittore e critico letterario. Interventista e repubblicano. Fu anche vice bibliotecario della Camera dei Deputati. Era nato a Pesaro il 7 gennaio 1879. Morì a Roma (dove era tornato per una breve licenza) il 5 ottobre 1918 a seguito della “spagnola”, malattia contratta dopo aver combattuto al fronte nella Grande Guerra dal 1915 al 1917 come tenente del 1° reggimento genio. Uscirono postume, nel 1919, le sue note di taccuino al fronte: “Sulla fronte giulia”.

Alberico Bacciarello, nato ad Ancona il 16 settembre 1888, fu redattore e uno dei fondatori – insieme a Camillo De Lollis,  Benedetto Croce, Adriano Tilgher, Annibale Gabrielli e Goffredo Bellonci –  de “L’Italia Nostra”, settimanale edito a Roma, che sospese le pubblicazioni con l’entrata in guerra dell’Italia e la partenza per il fronte dei suoi redattori. Arruolato come sottotenente nel 34mo reggimento Fanteria (Brigata Livorno), morì per le ferite riportate in combattimento a Monte Sabotino il 24 ottobre 1915 e fu sepolto nel cimitero di quella stessa località. Nel 1916 fu insignito della medaglia d’argento al valor militare alla Memoria.

Filippo Corridoni, noto come sindacalista, svolse attività giornalistica collaborando con “La Conquista”, “Rompete le file”, “Bandiera rossa”, “Bandiera proletaria”, “Bandiera del popolo” e “Demolizione”. Si era arruolato volontario per la guerra, nonostante fosse inabile a sopportarne le fatiche. Era nato nel 1887 a Pausula, città che successivamente cambiò nome in Corridonia proprio in suo onore. Combatté come soldato del 32° reggimento fanteria Brigata Siena. Cadde durante la Terza Battaglia dell’Isonzo e il suo corpo andò disperso. Dettero notizia della sua morte il 29/10/1915 Il Popolo, fondato da Benito Mussolini, che gli dedicò l’intera 1^ pagina con foto. Gli fu conferita la medaglia d’oro alla memoria.

Lamberto Duranti, nato ad Ancona il 21 gennaio 1890, fu il primo giornalista italiano caduto eroicamente nella Grande Guerra. La sua morte in combattimento risale, infatti a data antecedente l’entrata in guerra dell’Italia. Allo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914 Duranti si arruolò, infatti, in Francia nel Corpo volontari italiani. Nominato tenente fu assegnato all’8ª compagnia della Legione Garibaldina operante nella regione francese delle Argonne. Il 5 gennaio 1915, nei pressi di La Harazee, nella foresta delle Argonne, fu colpito al cuore e morì nella trincea di Four de Paris, nella Marna. I suoi resti riposano nel cimitero di Tavernelle di Ancona.

Ennio Mancini, nato a Iesi il 21 febbraio 1889, era figlio di un garibaldino e collaboratore della testata “Apostolato Mazziniano”, organo del Partito Mazziniano Italiano Intransigente, per un certo tempo stampato a Jesi. Particolarmente forte fu la sua contrapposizione verso repubblicani e socialisti. Per gli scritti intransigenti fu più volte incriminato. Scrisse l’opera “Storia del Partito Mazziniano Italiano Intransigente dal congresso di Roma (3-5 maggio 1908) a tutto il 1912”, uscita postuma nel 1977, a Roma, sull’«Archivio Trimestrale». In essa rivelò non solo la vicenda storica del Partito, ma anche i contrasti e le scissioni che ne caratterizzarono l’esistenza, specie tra il comitato centrale e le organizzazioni periferiche.

Soldato del 77° Reggimento Fanteria Brigata Toscana, morì mentre si trovava al fronte con le truppe italiane che si stavano riorganizzando sulla linea del Piave per arrestare l’avanzata del nemico. Annegò per un incidente nel fiume Brenta, travolto dalla furia delle acque. Il suo corpo venne recuperato dopo tre giorni di ricerche e portato nell’Ospedale da Campo N. 073 dove il 7 giugno 1918 ne fu accertato il decesso. Sepolto a Bassano del Grappa, le sue spoglie furono in seguito tumulate a Iesi.

Manlio Marinelli, nato ad Ancona il 20 novembre 1886, era fratello di Oddo Marinelli, noto repubblicano, direttore de “La Giovine Italia” su cui scrisse anche Pietro Nenni. Professore e intellettuale, aveva studiato ad Ancona e a Bologna dove si era poi laureato con lode in Belle Lettere. Fu professore di italiano e a soli 26 anni già Direttore di una scuola a Forlimpopoli. Aveva poi insegnato a Melfi e ad Ancona. Scrisse apprezzati saggi sulle opere di Giovanni Pascoli, Giosué Carducci, Giacomo Leopardi e Gabriele D’Annunzio.

Interventista e nazionalista, prese parte alla Grande Guerra come Capitano del 121° Reggimento Fanteria, Brigata Macerata. Morì a Castelnuovo sul Carso, sopra la Villa del Principe Hohenlohe sulle alture del Monte San Michele nei pressi della “Trincea dei Morti” tra il 27 e il 28/11/1915. Cadde nella strenua difesa di un ridottino che aveva brillantemente conquistato con la sua Compagnia prendendo anche trenta prigionieri. Ma nel contrattacco austriaco fu colpito a morte. Il suo corpo andò disperso. Furono perlustrati, ma invano, tutti i cimiteri della zona attorno a dove cadde. Dettero notizia della sua morte tutti i maggiori giornali italiani e, ovviamente, “Il Lucifero” di Ancona.

Amilcare Mazzini, collaboratore da Parigi de “La Stampa” di Torino, dopo essere stato a lungo corrispondente dalla capitale francese per la “Gazzetta dello Sport”, era nato a Mondolfo il 22 maggio 1894. Partì volontario per la Grande Guerra, pur non essendo costretto da alcun obbligo di servizio militare, ma animato dal più ardente amor di patria, dove combatté come aspirante ufficiale del 1° Reggimento Granatieri. Morì a Treschè Conca (Asiago) il 30 maggio 1916, colpito alla testa da una pallottola di fucile austriaco. Dettero notizia della sua morte “La Stampa” ,”L’Illustrazione della Guerra e la Stampa Sportiva”. Il suo nome compare nel 1° elenco dei Caduti della Federazione della Stampa del 25 settembre 1916 e sulla copertina de “La Guerra Italiana” n. 23 del 15 ottobre 1916. Nel 1920 gli fu conferita alla memoria la Medaglia d’argento al valor militare.

Arturo Mugnoz nacque a Macerata il 3 agosto 1889. Di temperamento esuberante e irregolare negli studi, nel 1908 Mugnoz si iscrisse alla facoltà di legge dell’università di Macerata, dove si laureò il 29 novembre 1914 con una tesi su “La riforma tributaria in Italia”. Il giornalismo per Mugnoz fu lo strumento per il proprio impegno intellettuale e politico, tanto che la parte più interessante della sua biografia si racchiude proprio nell’attività giornalistica condotta nell’arco di poco più di un quinquennio, tra gli anni dell’università e il breve periodo successivo alla laurea, fino al suo arruolamento. Le due “creature” di Arturo Mugnoz furono “L’Energia”, quindicinale fondato nel 1910 (quando era al secondo anno di Giurisprudenza) e “La Preparazione”, settimanale edito a partire dal 1913 con un più dichiarato fine politico, la collocazione nell’area laico-progressista e il duplice richiamo all’attiva partecipazione alla vita pubblica. I due giornali ambiscono, e in parte ci riescono (specie il primo), ad imporsi oltre l’ambito locale, in un periodo alquanto fiorente per la stampa maceratese. Collaborò anche al Fieramosca di Firenze, distaccandosi progressivamente dalle posizioni prezzoliniane, e seguì un gruppo di dissidenti che, guidati da Gaetano Salvemini, confluirono nel primo comitato redazionale dell’Unità. Sempre a Firenze contribuì alla nascita del foglio Risorgimento che però chiuse i battenti dopo soli sei numeri.

Chiamato alle armi, raggiunse il fronte nell’ottobre 1916 e con il grado di sottotenente partecipò ai combattimenti tra l’Isonzo e il Carso. Il 28 maggio 1917 rimase gravemente ferito. In ospedale le sue condizioni peggiorarono improvvisamente e morì a Villa Vicentina (Udine) il 22 giugno 1917. Fu dapprima sepolto con gli onori militari nel cimitero di Ruda, piccola località sulla destra dell’Isonzo. Nel 1921 gli fu conferita postuma la Croce al merito di guerra alla Memoria. Dopo la seconda guerra mondiale le sue spoglie sono state traslate nel cimitero di Treia, dove vivono i discendenti della famiglia Mugnoz-Speranza.

Eugenio Niccolai nacque a Pausula (Corridonia) il 13 Luglio 1895. Studente di giurisprudenza, si impegnò nel movimento nazionalista e si dedicò al giornalismo. Fece il corrispondente per “L’Ordine” e del “Resto del Carlino” e fu uno dei fondatori, a Macerata, dell’Associazione della Stampa. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si arruolò e, dopo aver frequentato a Modena il corso alla Regia Scuola Militare di Fanteria, venne nominato Sottotenente e assegnato al 151° Reggimento Fanteria della Brigata “Sassari”.  Per meriti fu promosso prima tenente e poi capitano di complemento.

Il 31 gennaio 1918, mentre guidava i suoi soldati, viene colpito al cuore. Il suo corpo viene recuperato solamente il giorno successivo e tumulato in un cimitero da campo. L’anno successivo gli viene concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria e nel 1924 la sua salma viene traslata nella tomba di famiglia a Macerata.

Gaetano Serrani nacque a Tolentino il 6 novembre 1882. Inizialmente aveva lavorato come giornalista per “L’Ordine” di Ancona e “Il Resto del Carlino”.  Trasferitosi a Roma svolse l’attività giornalistica per diverse testate romane, poi passò a “L’Avanti”, seguendo poi Mussolini a Milano dove, dal 1914, diventa redattore de “Il Popolo d’Italia”, quotidiano fondato in quello stesso anno per dare voce all’area interventista del Partito socialista italiano.  Sposatosi a Milano, Gaetano Serrani ebbe cinque figli, tutti rimasti orfani in tenera età. Arruolatosi come sottotenente del 29° Reggimento fanteria, “Brigata Pisa”, rimase al fronte meno di dieci mesi. A seguito delle ferite riportate in un’azione bellica contro l’esercito austro-ungarico, morì il 17 marzo 1916, nell’ospedale da campo n. 76 a San Martino sul Carso, a ridosso del fronte isontino. È sepolto nel Sacrario militare di Redipuglia (tomba n. 34603).

La città di Milano gli ha dedicato una via nel quartiere Greco, nel cosiddetto Villaggio dei giornalisti, una zona residenziale sorta a partire dagli anni Venti. Via Gaetano Serrani, parallela alla più nota via Lepanto, famosa per le sue case a igloo, si trova subito dopo aver percorso la via intitolata a Eugenio Torelli Viollier, fondatore del Corriere della Sera.

 

 

 

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