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“L’inchiesta sull’alluvione di Senigallia: boicottata da Comune, Provincia e Regione la realizzazione delle vasche di espansione”

“L’inchiesta sull’alluvione di Senigallia: boicottata da Comune, Provincia e Regione la realizzazione delle vasche di espansione”

Di questo si parla diffusamente nella relazione dei Carabinieri della Forestale (271 pagine di lavoro). Impietosa la consulenza del professor Mancini del Politecnico di Milano, consulente del pool dei pubblici ministeri Bilotta, Lioniello e Dicuonzo, che – come hanno spiegato gli avvocati Roberto Paradisi e Domenico Liso – non solo ha escluso il carattere eccezionale dell’evento ma ha anche scritto che una corretta manutenzione degli argini e la tempestiva realizzazione delle vasche avrebbero ridotto di gran lunga i danni ed evitato probabilmente i decessi. Nella relazione è stato anche valorizzato il lavoro della Commissione consiliare di inchiesta presieduta da Roberto Mancini (relazione di minoranza) ritenuta “rilevante” anche per le testimonianze escusse in quella sede. Dura censura della Forestale ai mancati avvisi alla popolazione. Secondo i due penalisti senigalliesi, in vista del processo, tutti gli Enti sono da considerare tecnicamente “responsabili civili per fatto dell’imputato” e quindi devono stare, secondo il modello Genova (dove gli Enti sono stati condannati a risarcire i cittadini alluvionati danneggiati), dall’altra parte della barricata, insieme alle loro compagnie assicurative che, certamente, danno maggiori garanzie di solvibilità

“L’inchiesta sull’alluvione di Senigallia: boicottata da Comune, Provincia e Regione la realizzazione delle vasche di espansione”

di ELPIDIO STORTINI

SENIGALLIA – Le precipitazioni che hanno portato all’alluvione del 2014 non sono state eccezionali e l’evento non era imprevedibile. E’ quanto emerge dalle oltre 10 mila pagine di documenti di cui sono entrati in possesso gli avvocati Roberto Paradisi e Domenico Liso, difensori di una quarantina di cittadini alluvionati. Impietosa la consulenza del professor Mancini del Politecnico di Milano, consulente del pool dei pubblici ministeri Bilotta, Lioniello e Dicuonzo, che – come ha spiegato l’avvocato Liso – non solo ha escluso il carattere eccezionale dell’evento ma ha anche spiegato che una corretta manutenzione degli argini e la tempestiva realizzazione delle vasche di espansione avrebbero ridotto di gran lunga i danni ed evitato probabilmente i decessi.

“Non solo: il consulente ha indicato in 30 centimetri  il livello di riduzione del picco di piena se fossero state realizzate le vasche di espansione”.

Nella relazione dei carabinieri della Forestale (271 pagine di lavoro) si parla addirittura di un autentico “boicottaggio”  nei confronti della realizzazione delle vasche di espansione a  tutti i livelli: comunale, provinciale e regionale.

“Tra i punti essenziali della comunicazione di reato – ha spiegato l’avvocato Paradisi – ve ne sono alcuni particolarmente emblematici. Intanto, l’accusa alla Provincia di aver speso sul fiume Misa in un decennio  solo il 15% del totale dei fondi spesi per il contrasto al dissesto idrogeologico e di aver tralasciato per anni la cura degli argini e le tane degli animali sulle sponde.

“È stato poi valorizzato il lavoro della Commissione di inchiesta presieduta da Roberto Mancini (relazione di minoranza) ritenuta “rilevante” anche per le testimonianze escusse in quella sede”.

Non solo: l’avvocato Paradisi ha sottolineato la dura censura della Forestale ai mancati avvisi alla popolazione. “Come peraltro il sottoscritto aveva sempre sostenuto, gli inquirenti hanno sottolineato che gli avvisi dovevano essere dati  – legge alla mano – a tutta la popolazione effettivamente a  rischio e non solo quella ricompresa nelle aree di pericolo, così come perimetrate dal Pai (anche questo oggetto di pesanti censure da parte degli inquirenti ai quali non è sfuggita la incredibile vicenda della estromissione dell’Ing. Macchia dal tavolo tecnico)”.

“Il lavoro – come ha tenuto a spiegare Domenico Liso – è stato poderoso e sono tantissimi i rilievi che dovranno essere approfonditi in sede processuale. Noi ora abbiamo in mente il ‘modello Genova’. C’è chi ha auspicato la costituzione di parte civile del Comune contro il sindaco, ma questo è addirittura impensabile oltre che sbagliato.

“Tutti i soggetti hanno agito nell’ambito delle istituzioni e hanno agito per esse. Gli enti devono rispondere insieme agli indagati ai cittadini danneggiati”.

Parole riprese da Roberto Paradisi che ha spiegato come tutti gli enti sono tecnicamente “responsabili civili per fatto dell’imputato” e quindi devono stare, secondo il modello Genova (dove gli enti sono stati condannati a risarcire i cittadini alluvionati danneggiati), dall’altra parte della barricata insieme alle loro compagnie assicurative che, certamente, danno maggiori garanzie di solvibilità.

“Pensare al Comune come parte civile e non soggetto tenuto, insieme agli altri enti e alle assicurazioni, a risarcire i danneggiati, è un errore marchiano se non un tentativo di strumentalizzare politicamente il processo e che penalizza i cittadini stessi”.

Non è mancato, da parte dei due noti penalisti, un richiamo al realismo giudiziario: “A Genova – hanno spiegato i legali che hanno approfondito la vicenda del capoluogo ligure – quei cittadini che avevano subito solo danni materiali non sono stati fatti costituire parte civile perché una parte della giurisprudenza ritiene che, in certi tipi di reati (quali i reati di disastro ambientale), non sia ammissibile la costituzione nel processo penale di chi ha subito danni patrimoniali salvo poi potersi avvalere della sentenza di condanna in sede giudiziale civile. Non illudiamo i cittadini garantendo l’accesso senza ostacoli al processo penale. Ma una cosa è certa: bisogna battagliare, in punta di diritto, per esserci e far valere le proprie ragioni”.

 

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