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SENIGALLIA / “Nell’area Vasta 2 ci sono strutture poco sicure”. Esposto alla Procura della Repubblica dei medici ospedalieri

SENIGALLIA / “Nell’area Vasta 2 ci sono strutture poco sicure”. Esposto alla Procura della Repubblica dei medici ospedalieri

“Nell’area Vasta 2 ci sono strutture poco sicure”. Esposto alla Procura della Repubblica dei medici ospedalieri

SENIGALLIA – Aula gremita all’Ospedale di Senigallia per l’assemblea organizzata dal CIMO – Sindacato Medici Ospedalieri con la presenza del coordinatore nazionale dottor Luciano Moretti, il presidente regionale CIMO dottor Caporelli, ed il coordinatore dell’AV2 dottor Alessandro Bucci.

Importante la presenza non solo di medici dei diversi reparti ospedalieri ma anche di una numerosa rappresentanza del comparto, dell’ATL, il Tribunale del Malato ed un ex consigliere comunale di minoranza.

“Al di la delle scelte esclusivamente politiche – si legge in un intervento della Segreteria Regionale CIMO – Marche – che da ultima determina 361 del 23 giungo 2017 decretano la definitiva soppressione dell’UTIC (Unità di Terapia Intensiva Cardiologica), la scomparsa dell’Otorinolaringoiatria a Senigallia (senza primario ormai da 8 anni e con 1 solo medico ed una sola infermiera da 8 mesi!!!), la non ancora chiara definizione di una entità chiamata “Oculistica ambulatoriale territoriale” (esistono già gli specialisti ambulatoriali per tali compiti, perché usare gli ospedalieri?) e la messa in discussione persino della UOC di Fisiatria o meglio Riabilitazione Cardiologica (come si evince dal tratteggio in delibera) ciò che lascia veramente attoniti è la condizione in cui si trovano gli ospedali dell’AV2, un po’ tutti (Jesi, Fabriano, Osimo e Senigallia) sotto la direzione dell’Ing. M. Bevilacqua la cui gestione “come fosse casa propria” è stata più volte stigmatizzata durante la conferenza.

Numerosissime le Unità Operative (Reparti ospedalieri, n.d.r.)  “non a norma” con enormi difficoltà del personale medico che spesso è costretto a violare suo malgrado le leggi sull’obbligo di riposo, sul numero massimo di turni di reperibilità mensili, sul diritto alle ferie; in alcuni casi non è nemmeno in numero sufficiente per poter, durante l’intero turno lavorativo, controllare i “malati sotto le lenzuola” (pazienti ricoverati) perchè contemporaneamente chiamato a gestire le consulenze di PS, i nuovi ricoveri ecc.

Situazioni queste che, attenzione, mettono a rischio, non solo medici ed operatori sanitari per i chiari possibili risvolti medico legali, ma anche gli stessi pazienti ricoverati, gestiti spesso da medici in pieno “burn-out”, che si fanno in quattro pur di sopperire alle enormi mancanze ormai croniche di personale ed organizzative, con tutti i rischi relativi.

Si può chiamare ancora “Ospedale” una struttura in cui  NON vi è un chirurgo presente la notte ed i festivi ad occuparsi dei malati ricoverati (“guardia chirurgica”: obbligo di legge), ma solo un reperibile a casa; o in cui manca il medico radiologo la notte (guardia radiologica: obbligo di legge)? E’ un “Ospedale” una struttura in cui il medico che dovrebbe essere “all’uopo dedicato” come citato anche nelle determine regionali,  per i reparti medici (Medicina , DPA, Nefrologia, gastroenterologia, neurologia ecc.) è lo stesso medico impegnato contemporaneamente in Pronto Soccorso, poi magari anche i pazienti in OBI/MURG, quindi in violazione palese della normativa vigente oltre che , in particolar modo, del buon senso?

E se questo medico impegnato a valutare un paziente in PS o peggio ancora nei letti dedicati di osservazione breve (OBI) o MURG (medicina di urgenza), venisse chiamato contemporaneamente nei reparti per una urgenza (“cosa che è già successa” ! ), dovendo intervenire in pochi minuti ? Uno dei pazienti dovrebbe in tal caso essere necessariamente trattato in ritardo in attesa del medico reperibile da casa che dovrebbe/potrebbe arrivare entro 20-30 minuti; quale dei due, considerando che sono entrambi pazienti che necessitano verosimilmente di cure urgenti ?

E’ un “Ospedale” una struttura in cui, tra poco, potrebbe a breve mancare anche il medico cardiologo di guardia (notte e festivi), tranne ripensamenti dell’ultimo minuto ?

In caso di “complicanza cardiaca” (nei reparti o in sala operatoria per esempio) non essendoci più un’Unità di Terapia Intensiva Cardiologica il paziente deve essere quindi trasportato di urgenza nelle strutture più vicine (Jesi , Ancona o magari finanche Fabriano dove invece l’UTIC è stato salvaguardato)?

“E’ possibile – si legge sempre nella nota della Segreteria Regionale CIMO – Marche – che gli ospedali dell’Area Vasta 2, la cui Direzione Generale è stata affidata all’Ing. M. Bevilacqua, non abbiano un “piano emergenze / urgenze” da diversi anni, nonostante questo sia un obbligo annuale (entro il 31 Gennaio di ogni anno) previsto non solo dalla legge ma in particolar modo dal buon senso di chi ha in mano la nostra vita o dei nostri familiari ?

La CIMO non contesta quindi la scelta dei nostri politici ed amministratori locali di tenere aperti o chiusi dei servizi o unità operative (non rientrando nelle prerogative sindacali) poiché tali scelte sono dettate da decisioni spesso difficili da prendere e che vanno comunque assunte indipendentemente da ogni campanilismo di sorta spesso in applicazione a norme nazionali.

“La CIMO – prosegue la nota – contesta che, nonostante i tagli e la riorganizzazione in atto oramai da anni,  medici ed operatori sanitari siano costretti ad operare in strutture “poco sicure” ben lontane dagli standard minimi strutturali, tecnologici e di sicurezza che un Ospedale, detto tale, dovrebbe avere in un Paese civile, il tutto a discapito dei pazienti che a queste strutture chiamate erroneamente “Ospedali” è spesso costretta a rivolgersi.

Per tale motivo la CIMO nella figura del suo Coordinatore Nazionale Dr Luciano Moretti ha deciso di segnalare tale situazione di imminente pericolo per operatori sanitari e per gli stessi pazienti alla Procura della Repubblica ed al Prefetto di Ancona, all’Ordine dei Medici, ecc, sperando in un auspicato intervento che metta una volta per tutte in sicurezza tali strutture e con esse medici, operatori sanitari ed in particolare i pazienti che, non dimenticate, un giorno potremmo essere noi stessi o uno dei nostri familiari”.

Nelle foto: l’ospedale di Senigallia

 

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