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Sono 1.569 gli esuberi nei tre istituti di credito acquisiti da Ubi Banca

Sono 1.569 gli esuberi nei tre istituti di credito acquisiti da Ubi Banca

Entro il 2020 si vuole ridurre di circa 200 milioni gli oneri operativi di Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti attraverso una contrazione dell’organico (-32% rispetto al 2016), il taglio di 140 filiali e l’ottimizzazione delle altre spese amministrative

Sono 1.569 gli esuberi nei tre istituti di credito acquisiti da Ubi Banca

BERGAMO – Ubi Banca prevede di tagliare di circa un terzo il personale delle tre good bank. Entro il 2020 la banca vuole infatti ridurre di circa 200 milioni gli oneri operativi di Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti attraverso una contrazione dell’organico di 1.569 risorse (-32% rispetto al 2016), il taglio di 140 filiali e l’ottimizzazione delle altre spese amministrative. Lo si legge nell’aggiornamento del piano industriale di Ubi Banca.

Ma si apprende anche che Ubi Banca intende gestire su base volontaria gli esuberi nelle good bank. “Abbiamo la volontà di non fare alcun tipo di licenziamento” ha infatti dichiarato oggi il consigliere delegato di Ubi Banca, Victor Massiah.

L’istituto ha approvato anche i risultati del terzo trimestre che mostrano un utile netto consolidato di 67 milioni di euro, in crescita del 59,4% rispetto al primo trimestre del 2016, nonostante un’ulteriore svalutazione del Fondo Atlante per 13,5 milioni, oneri relativi al Progetto Banca Unica per 4,6 milioni e spese progettuali relative all’acquisto delle tre good bank per 1,1 milioni.

Il Consiglio di Gestione e il Consiglio di Sorveglianza di UBI Banca S.p.A. hanno inoltre approvato, per i profili di competenza anche ai fini della presentazione dell’istanza di autorizzazione alle competenti Autorità di Vigilanza, il progetto di fusione che prevede l’integrazione all’interno della Capogruppo UBI Banca delle seguenti banche: Nuova Banca delle Marche S.p.A. (“NBM”), Nuova Banca dell’Etruria e del Lazio S.p.A. (“NBEL”), Nuova Cassa di Risparmio di Chieti S.p.A. (“NCRC”), Banca Federico del Vecchio S.p.A. (“BFDV”) e Cassa di Risparmio di Loreto S.p.A. (“CRL” e insieme a NBM, NBEL, NCRC e BFDV le “Banche Incorporande”) da realizzarsi attraverso una fusione per incorporazione nella Capogruppo.

Analoga delibera dovrà essere assunta anche dagli organi competenti delle Banche Incorporande. L’operazione si pone quale naturale prosecuzione del processo di rilevante semplificazione della struttura organizzativa del Gruppo UBI riveniente dalla recente conclusione del progetto di “Banca Unica”.

Si precisa che, alla luce delle molteplici attività funzionali all’esecuzione dell’intero progetto di integrazione delle Banche Incorporande, si prevede di dare attuazione al progetto stesso in tre fasi, la prima delle quali riguardante NBM e CRL (data di efficacia giuridica pianificata per il mese di ottobre 2017), la seconda riguardante NBEL e BFDV (data di efficacia giuridica pianificata per il mese di novembre 2017), la terza riguardante NCRC (data di efficacia giuridica pianificata per febbraio 2018).

Intervista a Victor Massiah

 CEO di UBI Banca

sui risultati trimestrali

Dottor Massiah, è stato effettuato il closing dell’operazione Bridge Banks: significa che tutte le condizioni sono rispettate? Quali saranno i prossimi passi per UBI?

Siamo al termine di un’operazione estremamente articolata. Abbiamo dovuto avere autorizzazioni da diverse entità: dall’autorità per la competizione di Bruxelles, dal nostro supervisore a Francoforte, la BCE, dall’autorità che governa la concorrenza nel mercato italiano, l’antitrust, dall’IVASS, perché abbiamo acquistato anche una società assicurativa. Erano poi previste delle condizioni per il closing, come la cessione di 2,2 miliardi di asset che dovevano essere acquistati dal Fondo Atlante. Siamo finalmente giunti al termine di questo articolato processo: direi che possiamo essere fieri di quanto fatto perché Bruxelles fino ad oggi non ha autorizzato altre operazioni, perché Francoforte non ha autorizzato altre operazioni, perché è la prima volta che l’Antitrust dà una autorizzazione che include il mercato dell’online, quindi c’è una situazione anche innovativa dal punto di vista della giurisdizione dei mercati, e perché anche questa cessione di 2,2 miliardi di euro verso il Fondo Atlante costituisce la prima operazione “reale”: si è parlato di tante operazioni ma questa è la prima operazione reale che Atlante fa.

Per quanto riguarda i prossimi passi, noi, a questo punto, avremo immediatamente le assemblee delle banche, avremo una situazione di transizione in cui, sotto quella che io so già sarà l’illuminata presidenza di Osvaldo Ranica, avverrà la presa in gestione da parte di nostri collaboratori di queste banche, insieme ai colleghi che sono già presenti lì. Avremo evidentemente la gestione della transizione che provvederà, entro la fine dell’anno, alla conversione verso il sistema informativo di almeno due delle tre banche (e comunque entro il primo trimestre del prossimo anno la conversione di tutte le banche sul sistema informativo del nostro gruppo) per poi avere una operazione finale di incorporazione di queste banche nel nostro gruppo secondo il progetto di Banca Unica che abbiamo già attuato su noi stessi a cavallo tra il 2016 e l’inizio di quest’anno.

UBI Banca presenta un aggiornamento del Piano Industriale del Gruppo; quali sono gli aspetti più rilevanti?

Evidentemente occorre “combinare insieme” situazioni ordinarie e straordinarie. Dal punto di vista della situazione ordinaria dobbiamo, senza alcuna finzione, ricordare che le tre banche che arrivano, e le altre società loro collegate, giungono da un contesto di grande crisi, di grande difficoltà, che implica inevitabilmente delle azioni cosiddette di “turnaround” che vanno innanzitutto a incidere sulla struttura dei costi e sulla qualità del credito. Saranno quindi necessarie delle importanti riorganizzazioni, ci saranno delle uscite di personale inevitabili  e allo stesso tempo, però, la pulizia che è stata fatta sulla situazione del credito non performante migliorerà nettamente il costo del rischio;  insieme all’introduzione del nostro sistema informativo potremo abbattere in misura significativa, di decine di milioni all’anno, il costo dell’information technology e sarà possibile, per fortuna, ridurre il costo della raccolta perché, evidentemente, l’affidabilità del nostro gruppo implica anche un costo della raccolta presso clientela molto inferiore a quello che hanno dovuto attuare le banche per poter difendere la propria raccolta; comunque è stata una difesa di qualità, se confrontata con altre situazioni di crisi.

Inevitabile era anche aggiornare i dati previsionali nel nostro perimetro: è evidente che la situazione relativa a una crescita degli impieghi ancora non potente come si auspicava ci ha portato a ridimensionare qualche dato, ma sempre in un contesto di crescita dei ricavi dell’ordine di circa il 5% all’anno, che porta a prevedere per il 2020 un utile dopo le tasse superiore al miliardo di euro, un utile anche aiutato evidentemente dalle detrazioni fiscali che derivano dai benefici che ci portano le tre banche in termini di deducibilità fiscale delle precedenti perdite. Nel complesso, credo, una operazione importante che mantiene l’obiettivo che ci eravamo dati all’inizio di arrivare a oltre 100 milioni di utili apportati dal gruppo delle tre banche dopo – evidentemente – la “cura” e che allo stesso tempo prevede quell’importante uscita dal periodo più brutto della crisi per quanto riguarda anche il nostro perimetro. Nell’insieme: il ritorno ad una situazione che, se raggiungeremo i target previsti, ci consentirà di ripagare il costo del capitale in maniera importante, come auspicato dai mercati.

Come giudica la prima trimestrale di UBI Banca del 2017, l’ultima stand alone?

Cominciamo a dire che, in termini di utile normalizzato, abbiamo fatto letteralmente il doppio dell’anno scorso: l’anno scorso erano 42 milioni, nel primo trimestre, quest’anno abbiamo realizzato un utile normalizzato di 84 milioni. Poi, evidentemente, ci sono le componenti straordinarie, che riguardano i contribuiti straordinari al fondo di risoluzione e le svalutazioni del Fondo Atlante, che sono il nostro contributo agli strumenti di gestione delle crisi di sistema, ovvero quello che la banche sane stanno facendo per le banche meno sane, ma complessivamente la nostra è una situazione di molto importante ritorno all’utile – un raddoppio dell’utile – derivante da un minor costo del rischio: siamo scesi sotto la soglia di otto miliardi netti di crediti non performanti, il che è una cosa molto buona;  i nuovi flussi di crediti non performanti in entrata sono ridotti in confronto all’anno precedente e, di nuovo, questo è un segno molto positivo; comunque, nel complesso, i ricavi hanno tenuto, con una grossa performance da parte della componente commissionale che per la prima volta è addirittura superiore alla componente del margine di interesse e il “solito” importante controllo dei costi, che abbiamo sempre dimostrato.

Quindi direi, complessivamente una trimestrale positiva. È evidente che c’è qualcosa da migliorare, e nella nostra cultura cerchiamo più le cose da migliorare che quelle che abbiamo fatto bene: resta la necessita di tornare a una crescita del margine di interesse che in questo trimestre ancora non c’è stata.

PER SAPERNE DI PIU’

UbiBanca2017-05-11

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