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SENIGALLIA / Fotografare la poesia del reale, in mostra in Biblioteca le belle immagini di Marco Mandolini

SENIGALLIA / Fotografare la poesia del reale, in mostra in Biblioteca le belle immagini di Marco Mandolini

SENIGALLIA – E’ stata allestita presso la galleria espositiva della Biblioteca Comunale Antonelliana di Senigallia (Via O.Manni, 1) la mostra personale del fotografo Marco Mandolini. La mostra rimarrà aperta durante i consueti orari di apertura al pubblico della struttura fino a giovedì 19 gennaio, quando, alle ore 18, è prevista la presentazione del libro “Marcomandolini photography – La plage / Street” alla presenza dell’autore e con una presentazione del direttore della Biblioteca Italo Pelinga.Mandolini

Marco Mandolini è un fotografo formatosi nel clima propizio della nativa Senigallia, dove dalla metà del Novecento si era sviluppata e aveva raggiunto risonanza nazionale quell’ “Associazione Fotografica Misa”, resa famosa da nomi quali Giuseppe Cavalli e Mario Giacomelli, due personalità quasi in antitesi tra loro, ma accomunate nell’impegno, teorico ed operativo, del fare arte con il mezzo della macchina fotografica. Da quell’esperienza è derivato a Senigallia un continuo fiorire di personaggi, associazioni, iniziative e progetti culturali in vari modi legati alla fotografia.

Anche Marco Mandolini ha potuto seguire questa strada, all’interno dell’ormai storico anch’esso gruppo “F7”, dove la lezione di Cavalli e Giacomelli, ma anche di Branzi o Berengo Gardin ha sicuramente giocato un importante ruolo pedagogico. Anche per Mandolini tuttavia è stato importante il raggiungimento di una maturazione, forse anche attraverso la decisione di intraprendere un percorso autonomo, senza sigle di riferimento o gruppi di appartenenza.

Se parlare dell’esperienza illustre di fotografi come Mario Giacomelli è imprescindibile quando si parla di fotografia a Senigallia, bisogna rendere merito a quei pochi,e Marco Mandolini è senza dubbio tra questi, che hanno potuto emendarsi dal nobile quanto ingombrante riferimento storico, per seguire strade autonome e del tutto originali, anche dal punto di vista puramente teorico.

Di questa maturazione sono sicuramente testimoni le 44 immagini, che scorrono nella mostra e quindi nelle pagine della relativa monografia, suddivise in due sequenze solo in apparenza concettualmente diverse. La suite de “La plage” con l’indagine visiva di un unico misterioso ed inquietante soggetto, come quella di “Street” con le suggestioni tipiche della fotografia di strada, realizzano il superamento della diatriba tra il concetto di fotografia come arte e quello di fotografia come strumento documentario, dimostrando la sostanziale sterilità di un tale contendere. Non importa al fotografo che il risultato della sua “invenzione” sia un’opera d’arte, non gli importa neppure che sia un documento: la sua immagine è, e vuole essere, una fotografia che non lasci indifferente lo spettatore.

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