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“La delocalizzazione non può essere la risposta ai problemi dell’Elica”

“La delocalizzazione non può essere la risposta ai problemi dell’Elica”

A Mergo il presidio dei lavoratori. Polemici interventi del presidente della Provincia di Ancona, della Fim Cisl, di Rifondazione Comunista e del Partito democratico

MERGO – “La delocalizzazione non può essere la risposta, soprattutto in questi momenti”. Il commento del presidente della Provincia di Ancona Luigi Cerioni che questa mattina ha raggiunto uno degli stabilimenti dell’Elica per unirsi al presidio del lavoratori e dei sindacati all’indomani della comunicazione aziendale sull’impatto occupazionale complessivo di circa 400 persone negli stabilimenti di Mergo e Cerreto d’Esi.

“Oggi siamo qui – ha detto il presidente allo stabilimento di Mergo – perché abbiamo appreso con sgomento che ancora una volta programmi di ristrutturazione aziendale prevedono tagli drastici, se non definitivi, della capacità produttiva: questo significa ancora una volta delocalizzare. Ecco, questa non può essere la risposta, soprattutto in questi momenti. Chiediamo al governo regionale e al governo nazionale di intervenire e chiediamo soprattutto all’Azienda di rivedere la sua posizione”.

“E’ inaccettabile – si legge una nota della Fim Cisl – l’annuncio fatto dal Gruppo Elica di Fabriano per il sito di Cerreto d’Esi, che ci ha comunicato 400 esuberi su 600,  con il trasferimento delle produzioni di bassa gamma e  delle linee produttive nello stabilimento di Jelcz-Laskowice in Polonia e l’integrazione nel plant di Mergo dell’attività di alta gamma del sito di Cerreto.

“Una scelta che non condividiamo in nessun modo. Il Gruppo aveva già 10 anni fa  operato una ristrutturazione del sito con la riduzione dell’organico che era  passato dagli oltre 1000 lavoratori in organico del 2010, agli attuali 600.

“Una ristrutturazione che già all’epoca fu giustificata dal Gruppo con la necessità di ridurre i costi per aumentare le marginalità. Nel corso di questo decennio abbiamo registrato, nonostante i continui solleciti del sindacato, scarsi investimenti per non dire nulli su macchinari e sulle persone da parte del Gruppo.

“Ora – scrive sempre la Fim Cisl – non accettiamo che  ancora una volta si scarichi sulle lavoratrici e i lavoratori colpe che non hanno. Chiediamo all’azienda di aprire subito un tavolo di confronto per lavorare alla rimodulazione l’organizzazione del lavoro e insieme valutare gli spazi di recupero delle marginalità, parallelamente però, serve un piano di investimenti su macchinari e sulle persone perché i sacrifici fatti in questi ultimi dieci anni dalle lavoratrici e  lavoratori non vadano persi”.

“Appena due mesi fa con la solita prosopopea da “capitano coraggioso” che sfida i marosi del mercato e lancia la sua azienda verso la modernità, il padrone dell’ Elica, Casoli – si legge in una nota diffusa dalla segreteria regionale di Rifondazione Comunista -, annunciava la prossima edizione di un nuovo piano strategico per rilanciare l’azienda chiedendo al sindacato un “patto tra produttori” che avrebbe garantito la stabilità occupazionale e prosperità per il territorio.

“Ieri , issata sulla tolda la bandiera  pirata ecco l’amara sorpresa : un piano industriale che prevede oltre 400 esuberi, la chiusura dello stabilimento di Cerreto d’Esi, il ridimensionamento di Mergo, la delocalizzazione verso Est di gran parte dell’ attività produttiva.

“Tutto questo – aggiunge Rifondazione Comunista – come ringraziamento per i sacrifici che in tempo di Covid, i lavoratori hanno fatto, anche a rischio della propria salute , per garantire la produzione . non solo, come lo stesso comunicato dell’ Azienda testimonia, nonostante le istituzioni nazionali e territoriali abbiano in via diretta ed indiretta sostenuto  l’impresa con cospicui trasferimenti”.

“E’ ovvio – afferma sempre Rifondazione – che occorre una risposta forte e immediata che veda nascere attorno ai lavoratori una ampia e decisa mobilitazione sociale, visto tra l’altro che dalla Regione Marche, non poteva essere altrimenti, arriva un flebile e imbarazzato comunicato scritto con il cappello in mano e il doveroso inchino”.

Questa mattina, al presidio organizzato dai sindacati di categoria davanti al sito produttivo di Mergo ha preso parte anche il capogruppo regionale del Partito democratico Maurizio Mangialardi, che ha voluto incontrare di persona i lavoratori per approfondire la questione.

“Lo dobbiamo dire chiaramente – afferma Mangialardi – l’operazione che Elica sta cercando di portare a termine apre allo spettro di una crisi sociale ed economica simile a quella vissuta oltre un decennio fa con la Antonio Merloni, anche a causa dei pesanti effetti che avrà sull’indotto. Spiace dirlo, ma i motivi avanzati dall’azienda circa la necessità di assumere questa scelta per mantenere il cuore e la testa del gruppo nelle Marche suonano come una cinica scusante che per troppi anni ha accompagnato le numerose vertenze che hanno portato a una inesorabile deindustrializzazione della nostra regione”. Per Mangialardi “nessuna ragione economica può giustificare la decisione di lasciare senza reddito 400 famiglie, tra l’altro nel bel mezzo di una pandemia che ha già colpito molto duramente questo territorio. E ciò vale ancora di più per una realtà come Elica, che per anni ci è stata presentata come un modello virtuoso e resiliente, capace di innovarsi e reagire alla crisi del distretto”.

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