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“La scuola riapre ma non c’è alcuna certezza della tutela della salute pubblica”

“La scuola riapre ma non c’è alcuna certezza della tutela della salute pubblica”

di TERESA GRISCIANI

ANCONA – Sta per partire il nuovo anno scolastico: poco più di 8 milioni di studenti (nelle scuole di ogni ordine e grado, di cui 7milioni e mezzo studenti delle scuole statali, e circa 800mila in quelle paritarie) si apprestano ad affollare le 41 mila scuole distribuite in tutto il territorio nazionale, per una media nazionale di circa 22 studenti per classe. E, per 8milioni di studenti vi sono, pare, poco più di 800mila insegnanti: si dice ‘pare’ perché a volte, sappiamo tutti, anche le cifre ballano, spesso e volentieri poi, quando si tratta di ragionare su temi così delicati. In ogni caso i dati sono quelli aggiornati del Ministero dell’Istruzione, Università, Ricerca (MIUR) e ci consegnano un panorama – nell’attuale situazione di diffusione del contagio da Sars-Covid-2 (Covid19) – molto problematico per molteplici aspetti.

Ne abbiamo parlato con una professoressa marchigiana (di cui non faremo il nome per ovvi motivi di opportunità, e che chiameremo A.B.) molto critica nei confronti di un inizio di anno scolastico che presenta ancora pesanti incognite. Perché questo scetticismo?: «Perché mi sembra si sia avuta troppa fretta, e tutta concentrata in quest’ultimo periodo, per decidere dell’apertura di un nuovo anno scolastico che si terrà ‘in presenza’ e, cioè, con studenti, professori, impiegati amministrativi tutti quotidianamente impiegati nelle rispettive sedi scolastiche, aule e uffici. Non mi pare – continua AB – la soluzione migliore in un periodo come quello attuale per il quale veniamo costantemente bombardati da comunicati e avvisi delle Istituzioni governative e di quelle sanitarie nazionali e internazionali che ci sollecitano a rispettare distanze, a non partecipare ad assembramenti, a tenere la mascherina, i guanti, a usare spesso detergenti sanificanti…». Ma il contagio pare si stia indebolendo…: «Ne è sicuro? Io da qualche settimana leggo, come tutti, dati che fanno pensare proprio il contrario, dati, se me lo consente, almeno contraddittori».

La Scuola non dovrebbe aprire, secondo lei, aule e uffici a studenti, professori e personale?: «No, non ho detto questo. Dico che, però, la riapertura “senza se e senza ma”, mi sembra un errore madornale». Perché?: «Allora cominciamo dall’inizio, dai Dirigenti scolastici. Dalla figura apicale nelle singole Scuole. Pare che in questi ultimi mesi si stia facendo a gara, tra Dirigenti, a chi è più bravo a riaprire la propria scuola vantando l’adozione di provvedimenti emergenziali ma sicuri per la salute. C’è chi, cercando di adeguarsi alle misure in qualche caso confuse prodotte dal MIUR, ha fatto innalzare pareti interne per creare nuove aule, chi ha già ordinato e ricevuto banchi monoposto, chi ha provveduto da tempo a organizzare test sierologici per tutti, chi ha rinunciato a Laboratori per far posto a nuove aule… chi invece è ancora indietro in numerose Regioni. Ma, in questo vortice di idee e provvedimenti, non si è pensato che la misura più prudente e di buon senso è sotto gli occhi di tutti ma nessuno pare che se ne accorga».

E quale sarebbe?: «Partiamo da un presupposto necessario: il Ministro o i Dirigenti scolastici possono forse assicurare, per iscritto, che la riapertura delle scuole ‘in presenza’ non favorirà la diffusione del contagio tra studenti, professori e personale? No, nessuno può assicurarlo. È questo il dato essenziale, perché stiamo parlando di tutela della salute, un bene non negoziabile, lo metta in maiuscolo, per favore; perché qui pare ci stiamo dimenticando che 8 milioni di studenti e 800mila professori tra qualche giorno si troveranno uno di fronte all’altro per 5/6 ore al giorno, tutti i giorni, con la sola difesa di una mascherina e con regole di distanziamento che in nessun caso verranno rispettate, non all’esterno delle aule, nei corridoi e negli altri ambienti della scuola. E per di più studenti e professori vivranno quelle 5/6 ore al giorno, tutti i giorni, come se fossero in un penitenziario di massima sicurezza, nel quale non v’è possibilità di socializzare anzi, in pieno regime di isolamento, proprio come dei delinquenti incalliti ai quali è precluso qualsiasi contatto, e guardati a vista da collaboratori dei dirigenti e bidelli che si trasformeranno in secondini del carcere pronti a sanzionare chiunque si troverà, anche involontariamente, a non tenere le debite distanze, a dimenticare (può succedere) di mettere la mascherina, per esempio.

“È questa la favola bella del “riapriamo le scuole per i nostri figli”? Questa è davvero la scuola che vogliamo per i nostri figli?». Certo, il suo ragionamento ha molti aspetti validi. Ma, allora, come si può fare per non tenere chiuse le scuole anche quest’anno?: «È davvero semplice: bastava decidere, e doveva farlo il Miur, che nelle aulee ci si va facendo dei turni: e, cioè, si poteva per esempio decidere che per i primi 4 mesi in una scuola che avesse 800 studenti, per esempio, sarebbero entrati solo 400 studenti e la metà dei professori, rispettando dispositivi sanitari e distanziamento; l’altra metà di studenti e insegnanti avrebbe fatto lezione da casa; poi, dopo 4 mesi, siccome è sacrosanto tenere alto il valore della scuola in quanto luogo di apprendimento e di socialità, ci si sarebbe dati il cambio: insomma una semplice ma efficace rotazione. In questo modo si sarebbe davvero agito in direzione della tutela della salute perché è evidente a chiunque che una scuola piena a metà riduce al massimo, o addirittura azzera, le possibilità di diffusione del contagio. Certo qualcuno potrebbe dire, per quanto riguarda soprattutto le scuole superiori: ma i ragazzi che rimangono a casa non usano i laboratori e le palestre e, comunque, possono utilizzare quegli spazi solo per metà dell’anno. A questi io rispondo: sì, è vero, ma non per tutte le materie di laboratorio specialistico; l’informatica, per esempio, si può fare anche da casa come anche altre specializzazioni.

“Certo gli studenti avrebbero dovuto rinunciare a frequentare , ma solo per 4 mesi, il laboratorio per materie quali Meccanica, Grafica, Fotografia, Costruzioni, ecc. In quanto alle palestre… vogliamo che i nostri figli diventino ‘culturisti’? No, e quindi una sana attività fisica di 1 o 2 ore alla settimana possono farla anche a casa o fuori di casa anche semplicemente camminando e, comunque, per 4 mesi la farebbero a scuola. Ma, in ogni caso, la domanda da porsi è una: è meglio che i nostri figli frequentino la scuola davvero in sicurezza (come può esserlo una scuola piena solo a metà) oppure che vengano sottoposti al rischio quotidiano di contrarre il virus Covid-19 in una scuola che accoglie tutti? E di portare poi quel Virus nelle loro case? Di fronte a questa domanda, io, che ho figli, non ho dubbi: meglio la rotazione, assolutamente meglio».

Quindi lei non ritiene del tutto efficaci i dispositivi pensati e dettati dal MIUR?: «Non tutti, e poi anche di quelli conosciuti a volte non si sa ancora nulla di definitivo, a 4 giorni dall’apertura delle scuole! Ancora un esempio: i banchi monoposto; che necessità c’è di effettuare un investimento finanziario così dispendioso? Non c’è necessità a ben vedere. Molte scuole italiane innanzitutto dispongono già di banchi monoposto, inoltre si poteva continuare a utilizzare anche quelli ‘doppi’, quei banchi, cioè, nei quali stanno seduti 2 studenti per banco: bastava imporre che nei banchi ‘doppi’ (che sono lunghi almeno 1 metro e mezzo, per capirci, e che sono in uso in tutte le scuole) avrebbe dovuto prender posto un solo alunno; così la distanza sarebbe stata comunque rispettata. E, invece, c’è la corsa all’acquisto dei ‘monoposto’ addirittura munito di rotelle che non si capisce a cosa debbano servire! Un dispendio economico enorme che si doveva evitare a tutti i costi. I soldi per i banchi monoposto si sarebbero dovuti utilizzare per altre incombenti necessità riguardanti le scuole e le loro strutture esterne e interne che, spesso, sono fatiscenti e che provocano anche danni alla salute. Ma anche per potenziare le dotazioni tecniche delle scuole che ne sono ancor oggi sprovviste.

“Poi, c’è da dire, appunto, che dell’organizzazione delle singole scuole non si sa ancora nulla perché tutti o quasi tutti i Dirigenti scolastici non hanno detto ancora a nessuno come faranno ad accogliere studenti, professori, impiegati assicurando loro che non v’è rischio di contrarre il Virus. I Dirigenti scolastici possono assicurare che non vi sarà alcun rischio di contagio? I Dirigenti stanno zitti, per ora, e questo non è un buon segnale». Perché?: «Perché vi sono ancora altri interrogativi senza risposta, a 4 giorni dall’apertura delle scuole. Per esempio: se un’insegnante vive, nella propria casa, con soggetti disabili e anziani, come può quest’insegnante avere la certezza assoluta di non contrarre il Virus a scuola e di portarlo involontariamente dentro la propria abitazione contagiando i propri congiunti? Questa questione è determinante. Si deve tutelare anche la salute di chi rimane dentro casa e che ha un congiunto che fa l’insegnante a scuola!

“A questo il MIUR ci ha pensato? A me pare di no ed è gravissimo. Chi assicura quel professore che non contagerà i propri congiunti? Nessuno può assicurarlo! E, allora, vogliamo assistere di nuovo a ciò che è avvenuto a Bergamo e nel suo hinterland appena pochi mesi fa? O a quello che è accaduto nelle Case di Riposo per anziani? Il MIUR doveva se non altro, rimanendo nella sua utilitaristica idea di apertura delle scuole ‘senza se e senza ma’ , imporre che tutte le scuole procedessero ad una apertura a rotazione, oppure, considerando che il Virus è ancora circolante, di effettuare, anche per quest’anno lezioni in smart working, ‘a distanza’, ognuno a casa sua fino a che il Virus non verrà debellato dal vaccino o da qualche altro dispositivo medico. Così si tutela la salute dei cittadini. Se si ha davvero a cuore la loro salute». Ma perché lei parla come di una ‘decisioni utilitaristica’ quella di aprire le scuole a tutti?: « Perché ccade che siamo alla vigilia di importanti scadenze elettorali e di un referendum e, per questo, anche la Tutela della Salute pubblica viene distratta a favore del consenso elettorale. Ecco, io spero non sia così ma viene da pensarci seriamente. E sarebbe una vera vergogna! Come si farà a sanificare ambienti in cui (le scuole) entreranno milioni di elettori? E poi, vogliamo parlare dei trasporti? Nell’80% delle scuole italiane gli studenti iscritti provengono, rispetto alla sede della scuola, da paesi e città limitrofe e, per questo, milioni di studenti ogni giorno si sposteranno con i mezzi pubblici provenendo essi da ambienti dei quali non si conosce l’incidenza del contagio; per meglio capirci: chi mi dice che lo studente che, per esempio, parte da Recanati per andare ad Ancona ogni mattina non viva in un ambiente a rischio contagio? O che non sia già lui stesso portatore asintomatico ma in grado di contagiare? O che non contragga il virus proprio viaggiando su un mezzo di trasporto pubblico?

“Ecco, moltiplichi questo caso per milioni di studenti e vedrà cosa significa». Insomma, lei vuole suggerire che da qualsiasi parte si guardi la questione non c’è tutela della salute per nessuno?: «Sì, ma io non lo suggerisco, lo affermo! Non c’è tutela della salute e qualcuno dovrà farsene carico, anzi deve farsene carico immediatamente prima che accada l’irreparabile. E mi stupisce che, in tutta questa bolgia di slogan e di ritrattazioni, i Sindacati della Scuola italiana abbiano agito molto male, anch’essi in barba alla piena tutela della salute pubblica. E, come loro, anche le figure dirigenziali regionali della scuola: i Dirigenti strapagati delle Uffici scolastici regionali non hanno proprio nulla da dire? Solo ‘Signorsì? Eppure anche quei dirigenti hanno doveri irrevocabili in materia di tutela della salute pubblica. Ma a loro va tutto bene: piegano il capo, basta che si mettano in tasca il più che lauto stipendio ogni mese. Tanto, a lavorare dentro le scuole loro non ci vanno, se ne stanno belli comodi nei loro esclusivi uffici”.

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