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Fano piange il professor Alberto Berardi, uomo di grande spessore culturale

Fano piange il professor Alberto Berardi, uomo di grande spessore culturale

FANO – E’ morto oggi pomeriggio, all’ospedale di Senigallia, dove era ricoverato dalla settimana scorsa, il professor Alberto Berardi, 76 anni, storico ed uomo di grande spessore culturale. Ma anche insegnante e politico – repubblicano, anzi mazziniano convinto – molto apprezzato.

Il professor Alberto Berardi è stato consigliere comunale e provinciale, assessore alla Cultura e alla Pubblica istruzione del Comune di Fano (1985-88) e assessore alla Cultura, Pubblica istruzione, Sport, Politiche giovanili della Provincia di Pesaro e Urbino (1990-95).

“Con Alberto Berardi – lo ricorda il sindaco di Fano, Massimo Seri – se ne va una parte di storia di Fano degli ultimi 50 anni. Protagonista assoluto della nostra città, ha portato avanti battaglie civili e culturali di rilevanza nazionale e internazionale.

“Dal progetto per la via Flaminia all’ancora attualissima questione della statua del Lisippo (suo l’aver portato in Tribunale il Paul Getty Museum – ndr), Berardi ha sempre dimostrato un solido attaccamento al nostro patrimonio storico e artistico.

“Uomo di grande spessore culturale, con una grande passione per l’arte, è stato insegnante alle Commerciali di Fano e docente di Storia del teatro all’Università di Urbino.

“Voglio ricordarlo inoltre – aggiunge il sindaco di Fano – per l’importante impegno politico che lo ha costantemente contraddistinto durante tutta la sua vita, come assessore ma anche consigliere nel Consiglio comunale di Fano e in altrettanti ruoli presso la Provincia. Memorabili la sua verve e la polemica sempre costruttiva con la quale trattava i temi più disparati. Ma Alberto Berardi è stato e rimarrà per sempre nella mia memoria, così come penso in quella di tutti i Fanesi, come l’Anima del Carnevale per antonomasia. Ruolo ereditato dal padre e di cui andava orgoglioso, fu presidente della Federazione Italiana dei Carnevali e dell’Ente Manifestazioni, prodigandosi nell’emanazione del Carnevale e di tutti i suoi linguaggi e incarnando così appieno la nostra “fanesitudine”.

“Prima che si ammalasse – conclude Massimo Seri – non ha mai fatto mancare  il suo contributo. Spesso mi chiamava per chiedermi come andava e darmi suggerimenti preziosi. Lascia un vuoto ed una eredità difficilmente colmabili”.

 

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