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“Ti butto dalla finestra!”, la minaccia di uno studente a un insegnante che non ha ricevuto alcuna tutela dalla scuola

“Ti butto dalla finestra!”, la minaccia di uno studente a un insegnante che non ha ricevuto alcuna tutela dalla scuola

PESARO – «Sono stato minacciato di morte a scuola, e nessuno ha fatto niente». L’episodio è accaduto l’anno scorso in una scuola pubblica del territorio pesarese ed è gravissimo non solo perché l’insegnante ha ricevuto la minaccia nell’esercizio delle sue funzioni ma anche perché l’ha subita all’interno di una scuola.

Analogamente grave il fatto che, a fronte di una minaccia di morte, l’insegnante non sia stato debitamente tutelato dalla stessa scuola.

Chiediamo all’insegnante, vittima  (che manteniamo nell’anonimato così come non sveleremo qual è la scuola della nostra provincia), di chiarire: «Un giorno, nell’inverno dello scorso anno, mi è stato dato incarico – come accade a tutti i professori – di svolgere un’ora di sostituzione (supplenza, ndr) in una classe non mia. Una classe Quinta, studenti tra i 18 e i 19 anni. Mi aspettavo un’ora proficua durante la quale avrei potuto fornire conoscenze sul loro programma di studio in corso. Ma non è andata così».

Cos’è successo?: «Aperta la porta dell’aula sono stato investito da una baraonda da stadio: gli studenti – che, peraltro, erano 8/9 presenti in aula – sbattevano per terra sedie e banchi, gridavano aggirandosi da una parte all’altra dell’aula, buttavano i libri per aria, un vero inferno».

Quando è entrato in aula gli studenti, maschi e femmine, non hanno fatto silenzio?: «No, anzi, quando hanno notato che io non ero un insegnante di quella sede, ma di un’altra della stessa scuola, hanno cominciato a inveire ancora più forte. Inoltre, gli studenti erano solo maschi. Così, mi sono avvicinato alla cattedra e, mentre aprivo il computer per firmare sul registro e per fare l’appello, ho chiesto agli studenti, pacatamente ma fermamente, di fare silenzio e di sedersi per non costringermi a impartire loro una Nota disciplinare. Ho chiarito loro che non ero lì per perdere tempo, né per vederli demolire i beni della scuola né per consentire che si comportassero in modo irrispettoso verso di me».

L’hanno ascoltata?: «No. Anzi al mio invito ad aprire i libri hanno urlato che io non potevo ordinare loro di studiare. Li ho informati che continuare a comportarsi in modo incivile avrebbe determinato conseguenze essendo studenti di Quinta in prospettiva di sostenere l’Esame di Stato. A queste mie parole hanno ricominciato ad urlare ancora più forte».

E lei cosa ha fatto?: «Ho tentato fino all’ultimo di ricondurli alla ragione e li ho informati che prima ancora di mettere loro una Nota disciplinare avrei immediatamente chiamato la Dirigenza scolastica (Preside, ndr) per informarla subito di quanto stava succedendo. Ma non è servito neanche questo. Il più esagitato tra gli studenti si è avvicinato alla cattedra e ha urlato “se metti la Nota dirò a un mio amico di aspettarti fuori dalla scuola!”».

Lo studente l’ha gravemente minacciata dandole anche del ‘tu’?!:«Sì, esattamente».

E lei come ha reagito?: «Rimanendo in cattedra, naturalmente, nonostante questa prima violenta aggressione verbale. So per esperienza, quindi – come, presumo, tanti altri insegnanti – che sarebbe controproducente per l’insegnante non solo mostrarsi impaurito ma anche alzare la voce, per tanti svariati motivi. Quindi, rimanendo seduto in cattedra ho chiesto a quello studente se si rendesse conto della minaccia che mi aveva rivolto, cercando ancora una volta di farlo calmare. Il ragazzo, però, per nulla turbato ha ripetuto che il suo amico mi avrebbe aspettato fuori dalla scuola».

Credo che chiunque sarebbe fuggito a gambe levate: come si fa a rimanere in cattedra in quella situazione? E gli altri studenti non hanno cercato di fermare il loro compagno?: «Tutt’altro. Lo incitavano, gridavano, menavano pugni sui banchi…».

Perché, a quel punto, non ha lasciato l’aula?: «Perché non avrei potuto comunque. Il dovere di un insegnante è rimanere in classe non di abbandonarla. Per paradosso, se me ne fossi andato, nonostante io avessi ricevuto una grave aggressione verbale, sarei stato accusato di aver lasciato incustodita la classe!».

Ecco, quindi, per non incorrere, lui, in una sanzione l’insegnante che riceve gravi minacce in aula da uno o più studenti non può allontanarsi da quell’aula!: «È così. Si deve rimanere in classe anche rischiando che un alunno ti tiri addosso un banco…».

E poi, com’è finita?: «Ho detto allo studente che le sue minacce contro di me erano gravissime e che avrei informato subito, in mail, la Dirigenza. Così, mentre scrivevo la mail, lo studente si è avvicinato di nuovo alla cattedra, sostenuto dai suoi compagni, e ha gridato contro di me, con un’espressione in viso di una violenza davvero inaudita “Se mi metti la Nota ti butto dalla finestra!”, la stessa cosa che dire ‘se mi metti la Nota t’ammazzo!’».

Una follia! Ma a quel punto lei si sarà arrabbiato, o no?: «No. Avrei solo peggiorato la situazione. Sono rimasto seduto in cattedra e ho continuato, cercando di guardarmi le spalle, a scrivere la mail alla Dirigenza spiegando tutto l’accaduto, sottolineando le aggressioni verbali, le offese e la minaccia di morte espressa contro di me dallo studente. Poi, inviata la mail, mi sono alzato, mentre gli studenti gridavano come ossessi, ho aperto la porta dell’aula e ho chiesto a un bidello del piano di far venire immediatamente il Collaboratore del dirigente. Ho aspettato il suo arrivo per gli ultimi dieci minuti, sulla porta dell’aula. Ma il Collaboratore non è arrivato».

Quindi è finito tutto così?: «No. La mattina dopo il Collaboratore del Dirigente mi ha chiesto di tornare con lui in quella classe perché lui aveva parlato con lo studente e lo aveva convinto a chiedermi scusa».

Le scuse per averla minacciata di buttarla dalla finestra del secondo piano della scuola? Scuse peraltro non ‘autentiche’, se il Collaboratore aveva ‘convinto’ lo studente: «Quando, quella mattina, lo studente mi ha chiesto scusa era tranquillo, non turbato né contrito. Era uno studente che cercava solo di salvare il salvabile senza realmente mostrare alcuna consapevolezza della gravità delle minacce che mi aveva rivolto. Infine, uscendo dall’aula con il Collaboratore, quest’ultimo mi ha detto “Spero possa finire tutto qui…”».

Insomma, lei offeso verbalmente e oggetto di una minaccia di morte avrebbe potuto denunciare lo studente: lo ha denunciato?: «No».

Perché no?: «Ho pensato che avendo informato immediatamente in mail io stesso la Dirigenza di quanto era accaduto, e dopo aver ricevuto scuse blande da parte dello studente, la stessa Dirigenza mi avrebbe contattato per capire come risolvere la questione. Ma invece il Dirigente scolastico non ha mai risposto alla mia mail e non mi ha mai contattato. La Dirigenza, oltre ad aver inferto allo studente la terribile esperienza di scusarsi con un professore (me, in questo caso) per averlo minacciato di ucciderlo buttandolo fuori da una finestra, non mi risulta abbia preso altri provvedimenti a carico di quello studente».

Si è sentito tutelato dalla Scuola?: «Assolutamente no. Bisognerebbe essere stati lì, durante l’episodio, per capire il livello di estrema alterazione dello studente e dei suoi compagni, e per comprendere che in quel momento la rabbia di quel ragazzo poteva esplodere da un momento all’altro contro di me se io avessi ceduto a quelle provocazioni intollerabili. Una rabbia incredibile e del tutto gratuita. Per il resto, non sono un sociologo, ma non è necessario esserlo per sapere (gli insegnanti si aggiornano anche autonomamente) che la violenza dei giovani può essere nutrita da tanti fattori: famigliari, sentimentali, e anche scolastici tali da ingenerare uno stato di forte stress che può sfociare nell’aggressività e nella violenza esplicita, per dirla in estrema sintesi. Quindi, no, non mi sono sentito tutelato neanche un po’ dalla Scuola che avrebbe dovuto agire in tutt’altro modo, trattandosi peraltro di studenti dell’ultimo anno. Non ho voluto rovinare un giovane studente denunciandolo, per non rovinargli la vita, tutto qua, e per non aprire un contenzioso che – come mi aveva fatto capire tra le righe il Responsabile del Plesso – non sarebbe stata cosa gradita dalla Dirigenza. È poco? La Scuola, però, è rimasta del tutto assente».

Possiamo solo immaginare il turbamento, la mortificazione che, invece, un insegnante subisce in questi casi. Non dev’essere semplice elaborare una minaccia così violenta e continuare a fare l’insegnante, in trincea: «Non è semplice. Si rimane profondamente scossi, soprattutto quando si viene abbandonati dalla Scuola, e ci si chiede perché la Scuola non agisca, ci vuole tempo per riprendersi continuando comunque a fare il proprio lavoro…».

Gli Uffici provinciale e regionale della Scuola sono stati messi al corrente di ciò?: «No. Ma, d’altra parte, sa cosa ha detto ai 270mila studenti marchigiani il direttore dell’Ufficio scolastico regionale in apertura di quest’anno scolastico? Ha detto loro “Fatevi martiri”».

Il direttore generale delle Marche ha detto proprio questo?!: «L’ha scritto e ha diffuso questo suo invito a tutti gli studenti marchigiani in apertura dell’anno scolastico. Ora, le chiedo io: ma le pare che rientri nelle funzioni di un direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale istigare 270mila studenti al martirio? C’era proprio bisogno, da parte del direttore generale, invocare termini quali “martirio” che oggi viene abusato, come sappiamo tutti, per suggerire a 270mila giovani in periodo di formazione di credere nelle proprie idee fino al sacrificio di sé? Perché farsi martirizzare vuol dire proprio questo. La Scuola è, dunque, un luogo di delirante afflizione, secondo il direttore generale, contro il quale gli studenti devono lottare fino in fondo?».

 

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