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Diritti al Futuro e l’azienda di Senigallia che non trova operai: “Verificare prima di puntare il dito”

Diritti al Futuro e l’azienda di Senigallia che non trova operai: “Verificare prima di puntare il dito”

Decisa presa di posizione del movimento politico senigalliese dopo le polemiche sui fruitori del reddito di cittadinanza: “Se un’azienda offre condizioni di lavoro eque e dignitose non può avere alcuna difficoltà a reperire il personale di cui necessita”

SENIGALLIA – Dal movimento politico Diritti al futuro riceviamo: “In questi giorni sta facendo molto clamore la vicenda di una impresa di pulizie senigalliese che lamenta, per bocca della sua titolare, di non riuscire a trovare il personale di cui ha bisogno. Si tratterebbe addirittura di 16 operai addetti alle pulizie che, a detta della imprenditrice, non si riuscirebbe a reperire in quanto i disoccupati preferirebbero continuare a percepire l’indennità di disoccupazione o il reddito di cittadinanza invece di lavorare con un regolare contratto.

La notizia, inizialmente comparsa sulla stampa locale, è stata ripresa un po’ da tutte le testate nazionali e anche da alcune trasmissioni televisive molto seguite, quali Piazza Pulita e Porta a Porta, in cui a commentare i fatti da studio sono stati chiamati, tra gli altri, niente meno che il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, il sociologo De Masi e, da ultimo, il ministro Spadafora.

Come forza politica da sempre attenta ai temi del lavoro, Diritti al Futuro ritiene doveroso formulare e condividere alcune brevi considerazioni.

Innanzi tutto ci sembra evidente come la rapida grande risonanza ottenuta dalla vicenda sia collegata alla ricerca da parte dei media di notizie che possano dare soddisfazione a credenze, sentimenti o addirittura pregiudizi, largamente diffusi nel Paese. In questo caso l’idea che coloro che percepiscono sussidi vari dallo Stato siano spesso degli scansafatiche che, anziché lavorare, preferiscono tirare a campare sulle spalle degli italiani che lavorano. In questa prospettiva una notizia come quella partita da Senigallia ha rappresentato per i media un ghiotto boccone da proporre e rilanciare senza nessuna cura di verificarne la veridicità.

Per quanto attiene al merito della questione, il buon senso suggerisce che in un tempo in cui le opportunità di lavoro scarseggiano drammaticamente, se un’azienda offre condizioni di lavoro eque e dignitose non debba avere alcuna difficoltà a reperire il personale di cui necessita, tanto più quando non sono richieste particolari specializzazioni. Pertanto crediamo non ci si possa basare esclusivamente su quanto dichiarato dalla imprenditrice ma che si debbano invece meglio approfondire i contorni dell’intera vicenda.

Del resto già da quanto riportato dal Corriere Adriatico di sabato emergono chiaramente almeno un paio di stonature. 1) Esibire le buste paga, come elemento probante la regolarità dei contratti applicati, è fuorviante in quanto tutti sanno che non è detto che la busta paga rispecchi le reali condizioni di lavoro (si pensi alle situazioni in cui la retribuzione in busta paga corrisponde ad un part time ma il lavoratore lavora molte più ore). 2) L’imprenditrice dichiara testualmente “prima faccio la selezione…. Poi, dopo la prova, faccio il contratto a tempo determinato”. Con ciò di fatto “confessa” che il periodo di prova (quanto lungo poi?) viene prestato in nero!

Per concludere ci interessa dire che sicuramente esisteranno, tra i percettori di Reddito di Cittadinanza o indennità di disoccupazione, alcuni “furbetti”, così come, mutatis mutandis, ne esistono un po’ in tutti i campi (tra i pubblici dipendenti, tra i lavoratori autonomi, ecc. ecc.), ma che non è corretto, sulla base di dichiarazioni non verificate, puntare il dito su tutti coloro che, a fronte di un periodo di difficoltà economica, ricevono un sostegno economico dallo stato. Questo si chiama welfare state e per noi non è una parolaccia.

Ci interessa infine dire che non può passare l’idea che chi riceve un sussidio debba accettare qualunque proposta di lavoro, anche la più indecente. Non sappiamo ovviamente se tali fossero le proposte di lavoro in questione ma registriamo che nessuno si è davvero preoccupato di appurarlo: molto più facile e di impatto affermare “si rifiuta il lavoro per non perdere il Reddito di Cittadinanza!”.

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