L'INTERVENTOPOLITICASENIGALLIA

“La sabbia di velluto non è un rifiuto ma una ricchezza per Senigallia”

“La sabbia di velluto non è un rifiuto ma una ricchezza per Senigallia”

Proviamo a fare un po’ di chiarezza sull’impianto per il trattamento dei rifiuti di Cesano. La telefonata del sindaco e la necessità di un Documento di indirizzo del Consiglio comunale

di LEONARDO BADIOLI

SENIGALLIA – La stampa in questi giorni è tutta piena dei racconti della verità: quella del Sindaco e quella del Comitato per il no all’impianto di trattamento dei rifiuti  da costruire al Cesano: se l’Amministrazione comunale sapeva o non sapeva, se l’Assemblea è serviva o non è servita, se la telefonata del Sindaco alla società proponente abbia davvero risolto tutti i problemi.

Il nostro modo di vedere le cose si avvicina molto di più a quello espresso dal Comitato che non a quello dell’Amministrazione comunale.

Tuttavia, proprio a causa di questa abbondanza di parole, noi crediamo che sia utile una sintesi il più possibile nitida della questione quale la ritroviamo all’indomani della caldissima assemblea di venerdì scorso.

Innanzitutto è giusto rammentare che la Società (Eco Demolizioni s.r.l., nel caso) aveva e mantiene tutti i diritti di proporre un suo progetto all’esame delle amministrazioni pubbliche competenti Provincia e Comune) – che, ricevuta quella –  aprano un procedimento amministrativo (le varie verifiche ambientali, di coerenza con il Piano Regionale Gestione Rifiuti, la localizzazione dell’impianto) che conduca a un provvedimento: il permesso concesso o non concesso.

In questo caso il Comune è competente per gli aspetti urbanistici – dato che per realizzare il progetto nell’area prescelta dalla Società era necessario cambiarne la destinazione d’uso. Ecco perché le autorità comunali si chiamano fuori da ogni altra questione riguardante il progetto sostenendo addirittura averlo conosciuto solo all’ultimo momento. Ma la responsabilità del Comune nella questione va ben oltre la dimostrazione che il Sindaco sapeva; anzi: possiamo dire senza ombra di dubbio che, se non è diretta responsabile del progetto, l’Amministrazione Comunale di Senigallia è responsabile del suo contenuto. Il quale è tutto scritto nella Convenzione che il Comune ha sottoscritto insieme con la società che aveva ottenuto l’appalto quattro anni fa.

La telefonata che con gesto teatrale il Sindaco ha annunciato in Consiglio e poi trasformata in una comunicazione pec alla società proponente, al di là dell’effetto populistico, è un autentico enigma di questa amministrazione. Quali rapporti – ci si chiede – intrattiene il primo cittadino con la società appaltatrice, se con una semplice telefonata riesce ad ottenere che essa rinunci a un diritto che le avrebbe consegnato un’attività promettente laute entrate come il trattamento di rifiuti? Più realistico (e scagionante) è immaginare che abbia spiegato loro che non è il momento adesso e che l’istanza potrà essere riproposta in modo riveduto e corretto. Non certo abbandonata.

Può darsi che gli abitanti del Cesano, o per essi il Comitato, si illudano di avere ucciso il dragone o almeno di averlo allontanato dai loro paraggi; ma  il Sindaco ha chiesto loro di credergli sulla parola, quando un’amministrazione pubblica (che non sia il Sultanato di Babilonia) non si regge su promesse verbali: serve invece una deliberazione del suo Consiglio più rappresentativo. E non sulle sorti della proposta del privato, ma su cosa la città vuole si debba fare in materia di pulizia della spiaggia.

Quello che si chiede è un Documento di Indirizzo che sia proposto ed approvato dal Consiglio comunale, tanto più urgente in quanto alla fine di quest’anno scade il termine di durata dell’appalto alla Società cooperativa Artigiani Romagnoli e subappaltato da quella a Eco Demolizioni s.r.l.. Il contenuto del Documento dovrà fare tesoro dell’esperienza maturata in questi anni: l’arenile deve tornare a essere pulito sull’arenile. Abbiamo visto infatti come trasportare in altro luogo un 90% di sabbia per tirarne fuori un 10% di materiali indesiderati sia impresa scriteriata per i costi e per lo stesso ambiente, al quale la sabbia verrebbe restituita senza controlli diretti e quotidiani da parte delle autorità.

E se parliamo di errore, il principale secondo noi è dovuto al fatto che le mareggiate portano i loro materiali indesiderati soprattutto in primavera, quando già i bagnini sono al lavoro per preparare la stagione balneare. Il pensiero va naturalmente alla grande mareggiata nera del 23 marzo 2016. E’ a dire però che un simile impressionante spiaggiamento aveva una causa temporale e precisa – la mancata rimozione dei materiali legnosi dall’alveo del fiume – ; perché in effetti tali spiaggiamenti non hanno un andamento stagionale,  e quando ce l’hanno, sono dovuti a cause perfettamente controllabili e doverosamente da evitare. Lo spiaggiamento è un’emergenza, non  una costante. Sarebbe dunque importante che fosse resa disponibile un’area marginale del nostro litorale nella quale si possano lavorare i materiali rimossi per il solo periodo in cui la pulizia non è compatibile con le attività dei concessionari di bagni marini. E dedicare al fiume una cura continuativa e non solo occasionale.

Ma quella mareggiata nera fu indebitamente utilizzata per costruirci sopra un programma di lavori di pulizia che travalicano le economie e le stesse necessità di una ripulitura. Non si deve ora ripetere e confermare lo stesso errore! Il Documento di indirizzo richiesto dovrà generare una nuova e diversa convenzione e un capitolato di lavori che non prevedano la asportazione di sabbia dall’arenile, e che invece prendano in considerazione la necessità che nella parte pubblica della spiaggia venga fatta la raccolta differenziata. Si tenga presente, se mai, la necessità di costituire un fondo-sicurezza che permetta di gestire le situazioni critiche attraverso il contributo dell’ente sovraordinato e quello per quote della partecipata ASA.

Come pure sarà anche necessario compensare lo squilibrio tra costi al cittadino per la raccolta e benefici al Comune per la gestione partecipata della discarica: questo almeno finché non si deciderà – come a noi sembra preferibile – di riformare il Piano Regionale dei Rifiuti secondo criteri distributivi più sobri e integrati.

Proprio sul rapporto cittadini-istituzione, il Documento dovrà passare attraverso la partecipazione interessata dei cittadini ai procedimenti amministrativi che riguardano gli assetti naturali, secondo quanto affermato – e recepito dallo stato Italiano – dalla Convenzione di Aarhus. Questo permetterebbe anche a quegli amministratori della città che già immaginano “un secondo polo” per la pulizia della spiaggia di trasferire la propria attività onirica in un testo leggibile, discutibile e approvabile dalla istituzione comunale. Così facendo i cittadini avranno modo di spiegare che a loro non piace nemmeno il “primo polo”, quello di Marzocca; che la sabbia di velluto non è un rifiuto; e che è più economico e corretto pulire la spiaggia dove la spiaggia è.

 

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