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La Chiesa che cambia: le Unità Pastorali e l’importanza delle Parrocchie

La Chiesa che cambia: le Unità Pastorali e l’importanza delle Parrocchie

di UMBERTO MATTIOLI*

SENIGALLIA – Nella Chiesa cattolica si chiama unità pastorale un insieme di parrocchie vicine tra loro e affini per tipo di territorio e di condizioni di vita degli abitanti. Possiamo definire le Unità Pastorali: «una pluralità di comunità parrocchiali che camminano pastoralmente insieme in modo unitario sotto la guida di più sacerdoti».
Le Unità Pastorali sono una realtà prevista dal Codice di Diritto canonico (art.543 – del 1983)). Can. 543 – §1. Se a determinati sacerdoti viene affidata in solido la cura pastorale di una parrocchia o di più parrocchie contemporaneamente essi sono tenuti singolarmente, secondo i criteri da loro stessi stabiliti, all’obbligo di adempiere i compiti e le funzioni proprie del parroco di cui ai cann. 528, 529 e 530; la facoltà di assistere ai matrimoni come pure le facoltà di dispensa concesse al parroco per il diritto stesso, spettano a tutti, ma devono essere esercitate sotto la direzione del moderatore.
§2. Tutti i sacerdoti del gruppo: 1) sono tenuti all’obbligo della residenza; 2) di comune accordo stabiliscano i criteri secondo cui uno di loro celebra la Messa per il popolo, a norma del can. 533; 3) solo il moderatore rappresenta nei negozi giuridici la parrocchia o le parrocchie affidate al gruppo.
Si tratta di parrocchie gestite in solidum da un gruppo di sacerdoti sotto la guida di un sacerdote moderatore, che è anche il legale rappresentante delle Parrocchie dell’Unità Pastorale. Solitamente più unità pastorali sono inglobate in un vicariato della diocesi.
Stiamo vivendo in un’epoca nuova e tante diocesi, in Italia e all’estero, stanno sperimentando questo tipo di organizzazione pastorale. C’è la necessità di unire le forze per coordinare meglio alcuni settori della vita pastorale: le attività della caritas, la formazione dei catechisti, la preparazione al matrimonio, etc…

Ciò non è legato soltanto al calo del numero dei preti, ma si rende necessario per razionalizzare la gestione di un territorio, che sempre meno sopporta la frammentazione. Occorre abbandonare la tradizione, che vedeva in ogni parrocchia la presenza di un parroco residente. In molte unità pastorali i sacerdoti fanno vita comune in un’unica canonica, per poi andare a servire quotidianamente le diverse parrocchie situate nel territorio dell’unità pastorale.
Attualmente (a differenza di quanto accade per la parrocchia e per la diocesi) non esiste una formalizzazione giuridica delle unità pastorali, pertanto ogni diocesi segue criteri propri per definire le proprie unità pastorali e stabilirne i compiti e le competenze.
A seconda del modo di organizzare l’unità pastorale alcune diocesi utilizzano nomi diversi: così nell’arcidiocesi di Milano si usa l’espressione comunità pastorale in quanto ciascuna comunità dispone di più sacerdoti, nella diocesi di Asti si usa l’espressione unità parrocchiale per indicare le parrocchie affidate ad un solo parroco, mentre in quella di Novara si parla di unità pastorali missionarie per indicare l’impegno prioritario di una nuova evangelizzazione del territorio.
E’ utile ricordare che le unità pastorali non nascono per sopprimere le piccole parrocchie, per venire poi raggruppate in una super-parrocchia nella quale si centralizzano tutte le attività. La vita comunitaria deve mantenere una dimensione umana, legata ai luoghi che costituiscono i centri di gravitazione della vita sociale, in cui le persone non si disperdono in una massa anonima e disomogenea.
È necessario che ogni parrocchia, anche piccola, mantenga l’identità che si è costruita attraverso il suo cammino nel tempo; di conseguenza è impossibile immaginare una mega-parrocchia con un super-parroco. Risulta chiaro a tutti, pertanto, che le Unità Pastorali non implicano la soppressione delle parrocchie esistenti.
Affinché le unità pastorali possano funzionare, ho provato, con alcuni collaboratori, a fare queste riflessioni. Si tratta di passaggi decisivi in ordine al superamento delle prevedibili staticità e resistenze.
1. Occorre continuare il rapporto di collaborazione tra le parrocchie del territorio.
2. Potenziare e consolidare il rapporto di collaborazione attraverso una opportuna “catechizzazione” dei parroci della zona, che non potranno più limitarsi alla reciproca collaborazione, ma dovranno essere presenti, muoversi e progettare insieme.
3. I consigli pastorali e i consigli degli affari economici delle parrocchie interessate dovranno riunirsi in sedute congiunte invece che separate, per armonizzare la vita pastorale, cercando di mettere le basi per un insieme di pratiche e di usanze che coinvolgano tutte le parrocchie.
4. Diventa necessario organizzare incontri con le comunità coinvolte per informarle, creare consenso, indicare gli organismi importanti e necessari nella costituzione di questa nuova realtà che permette ai battezzati di essere Chiesa.

*Cancelliere emerito – Diocesi di Senigallia

 

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