AREA MISACRONACA

Corinaldo ha perso in poco tempo due impareggiabili insegnanti: Marta Santolini e Maria Santini

Corinaldo ha perso in poco tempo due impareggiabili insegnanti: Marta Santolini e Maria Santini

di MASSIMO BELLUCCI

CORINALDO – E’ facile lasciarsi andare alla nostalgia ripensando all’infanzia, alla propria classe delle scuole elementari. Ma la scomparsa ravvicinata delle maestre corinaldesi Marta Santolini e Maria Santini (se non ricordo male erano vicine di classe), suscita qualche piccola riflessione.

La mia maestra era Maria. Severa, molto. Ma riconosceva i meriti e li premiava. Conservo un’immagine di rigore e serietà. Non si ammalava mai. Ho memoria di un solo giorno di assenza in cinque anni, noi bambini ci guardavano intorno disorientati e increduli. Per andare in classe salivo una scalinata dell’ex convento (oggi Albergo il Giglio) che mi sembrava enorme, avevo quasi paura di esserne inghiottito, curiosità e timore di entrare in qualcosa di grande. Era la scuola. Era importante perché la campana del comune suonava all’inizio delle lezioni, non solo quando c’era il consiglio comunale. Grazie ai rintocchi tutta la comunità sapeva che la scuola iniziava, anche il falegname che piallava nella sua bottega a Borgo di Sopra o i contadini che potavano la vigna all’Incancellata. Significava semplicemente che la scuola era una cosa centrale per tutti, non solo per chi la frequentava.

Ricordo gli interminabili dettati, ma ogni tanto ci faceva prendere dei materiali in un vecchio armadio in un angolo. C’erano libri e altri oggetti, potevamo fare qualsiasi cosa, un disegno, un riassunto, scrivere pensieri su un brano letto, purché fosse qualcosa che sentivamo nostro.

Era un armadio, o uno scatolone, non ricordo bene, pieno di vecchi libri, con le illustrazioni dal tratto manuale, diverso dallo stile più colorato già in voga a cavallo tra gli anni settanta e ottanta. Qualche anno fa l’ho incontrata per una intervista legata ad un progetto sulla memoria storica locale.

Ho esordito dicendo: “Lei forse non si ricorderà di me”.

Mi ha sorriso e ha risposto: “Eccome se mi ricordo!”

Avevo già fatto una gaffe prima ancora di cominciare: ad altri insegnanti, complice il precariato e il continuo cambio di scuola, può capitare di dimenticare il nome degli alunni a distanza di anni. Ma lei era la maestra e quella era la nostra scuola.

Mi ha raccontato del suo primo anno di insegnamento nell’immediato dopoguerra, con edifici e infrastrutture ancora largamente danneggiate. Fu assegnata in un piccolo paese in provincia di Avellino. L’amministrazione scolastica aveva individuato una stanza di un privato per adibirla ad aula, ma in realtà era un magazzino, il primo giorno di scuola l’aula era piena di grano. Allora la giovane maestra va dal proprietario:

“Ma nell’aula c’è il grano!”

“Eh si…”

“Ma io devo fare scuola!”

“Eh, con calma, avrai tempo, comincerai quando ho venduto il grano, tanto c’è tutto l’inverno…”

Lei si attivò e in brevissimo tempo il frumento lasciò il posto a banchi, lavagna e carte geografiche. E la scuola iniziò regolarmente.

Un pensiero anche alla maestra Marta, sua collega e amica, che non ho conosciuto direttamente come allievo, ma penso che erano fatte della stessa stoffa.

 

Ag – RIPRODUZIONE RISERVATA - www.laltrogiornale.it