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Sulle tracce dei migranti della rotta balcanica, giovedì sera incontro all’Arvultura di Senigallia

Sulle tracce dei migranti della rotta balcanica, giovedì sera incontro all’Arvultura di Senigallia

Verrà proiettato il documentario “Non persone”, realizzato da quattro giovani reporter, incentrato sui flussi migratori che attraversano la penisola balcanica. Le autrici ne parleranno con il giornalista Pierfrancesco Curzi

SENIGALLIA – In queste ultime settimane i mass media di tutto il mondo hanno proposto immagini della carovana di migranti che, partita il 12 ottobre dall’Honduras, strada facendo ha aggregato persone di altri paesi limitrofi. Una moltitudine in marcia, che non avendo nulla da perdere, ha deciso di prendere nelle proprie mani il suo destino, autorganizzandosi per sottrarsi al racket delle organizzazioni mafiose che lucrano sulla disperazione di chi vuole fuggire da miseria e violenze.

A poche centinaia di chilometri dal nostro Paese, sulla cosiddetta “rotta balcanica”, da tempo un’altra moltitudine pressa dalla Bosnia i confini croati per proseguire il proprio cammino di speranza. Un dramma oscurato dai mass media, eccetto alcune importanti reportage su alcuni organi di stampa. E proprio alla rotta balcanica è dedicata la serata che lo Spazio Autogestito Arvultura di Senigallia, organizza giovedì 6 dicembre alle 21 nella propria sede di Via Abbagnano.

Verrà proiettato il documentario “Non persone” realizzato da quattro giovani autrici: Chiara Ercolani, Alessandra Mancini (di Senigallia), Giulia Monaco e Valentina Nardo. Le giovani reporter ne parleranno con il giornalista del Carlino e de il fatto quotidiano, Pierfrancesco Curzi, a sua volta autore di numerose inchieste dedicate ai flussi migratori, che lo hanno portato in mezzo mondo.

“Abbiamo iniziato a lavorare a questo progetto documentaristico nel gennaio del 2017, perché abbiamo sentito la necessità di capire cosa stesse accadendo a pochi passi da noi, al di là del nostro mare Adriatico, sulla Balkan Route”, spiegano le autrici. Il silenzio, appunto, su questo versante dell’immigrazione, dichiarato ufficialmente “chiuso” ha reso invisibili le centinaia di persone che transitano su questo percorso. Una esperienza che Chiara, Alessandra, Giulia e Valentina hanno iniziato nel marzo del 2017, zaini in spalla. “Quattro donne e un viaggio a ritroso attraverso i principali Paesi della rotta balcanica coinvolti nel flusso migratorio (Croazia, Serbia, Macedonia, Albania, Montenegro, Bosnia). Un viaggio in treno che ci ha portate prima a Zagabria, all’Hotel Porin, situazione tra il governativo e il non governativo, luogo di passaggio per i migranti che riescono ad arrivare fino a lì; poi alle barracks di Belgrado, campo non ufficiale dietro la Stazione Centrale; infine – grazie all’aiuto di un operatore Caritas Italia – in Macedonia, nei campi ufficiali di Tabanovce e Gevgeljia”.

Dopo qualche mese sono tornate e ripartite per la Germania, principale meta di destinazione per i migranti. Lì, a Bochum, hanno incontrato due fratelli siriani che dopo essere fuggiti dalla guerra  che flagellava il loro Paese,  hanno percorso la rotta, riuscendo ad arrivare in Europa occidentale e a integrarsi. Sono la voce narrante del documentario.

“L’obbiettivo del filmato – spiegano le quattro giovani donne  – è la totale mancanza di informazioni relativa al flusso migratorio via terra – quello che interessa l’Europa orientale  e, in particolare, la Penisola Balcanica . Chi può decidere di privarli di una vita vera come quella che ognuno di noi ha la possibilità e il diritto di vivere? Chi decide che queste sono delle (non)persone?”

Se ne discuterà giovedì sera.

 

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