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Tutti insieme a Senigallia tra canti, danze e testimonianze per l’annuale Festa dei Popoli

Tutti insieme a Senigallia tra canti, danze e testimonianze per l’annuale Festa dei Popoli

SENIGALLIA – Una bellissima e affollata domenica pomeriggio in piazza del Duca per la Festa dei Popoli, organizzata da diocesi di Senigallia, Fondazione Migrantes, Caritas e SPRAR (Sistema di protezione rifugiati e richiedenti asilo) con il patrocinio del Comune. Un pomeriggio insieme tra testimonianze, canti, danze e voci dalle diverse comunità etniche dei cinque continenti che vivono a Senigallia e tanti abiti tipici indossati, soprattutto dalle donne straniere.

Tema della festa di quest’anno l’ospitalità (vedi lo slogan “Aggiungi un posto a tavola”) e quindi niente di meglio che ricreare, nello spazio Caritas, una stanza come fosse un pezzo di vita, di storia e di casa straniera, per immergersi in un mondo che vogliamo sentire vicino. La stanza, intitolata “Il mondo in una stanza”, proponeva quindi un tripudio di stoffe, abiti originali e qualche pentola, un “couscousier”, un prezioso servizio da tè siriano su tavolini di legno e un mappamondo, simbolo dell’apertura di Caritas alle più svariate nazionalità: Senegal, Marocco, Ghana, Togo, Afghanistan, Nigeria, Egitto, per citare solo qualche Paese. Tra gli abiti, molti decorati a mano, qualche vero gioiello, come un tradizionale abito da sposa afgana, il “tarbouche”, copricapo maschile simile al fez indossato in Marocco durante le feste religiose, o la “gandora, abito tradizionale che i bambini usano per recarsi in moschea o prima del rito della circoncisione.

E ovviamente le coloratissime stoffe nigeriane, che gli sposi scelgono per il loro matrimonio e con cui ogni invitato si crea un abito adeguato allo sposalizio, le stesse che vengono utilizzate come fasce per portare i bambini in giro. Pezzi unici che trasudano culture lontane e da scoprire, perché è sempre nel nostro intento quello di conoscere in profondità la vita di chi lascia il proprio Paese, per poter mettere in atto un’accoglienza più vera e duratura.

Ha poi incuriosito molti partecipanti la famiglia sikh presente alla stanza Caritas, padre, madre e due figli, uno più grande e uno più piccolo, accolta nella nostra città, insieme a molte altre famiglie e individui di altre nazionalità, grazie allo SPRAR. La mamma sikh, comunità indiana dalle origini molto lontane (1400), ha cucinato prelibatezze di ogni genere per gli assaggi finali della festa, come il “paneer”, una specie di formaggio fermentato, e un delizioso dolce al cucchiaio di pesche bollito.

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