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La Banda Grossi, un film che trae forza dalla coerenza e dal giusto equilibrio tra la razionalità e le emozioni

La Banda Grossi, un film che trae forza dalla coerenza e dal giusto equilibrio tra la razionalità e le emozioni

URBINO – Ma quale Paese solo per vecchi! I giovani ci sono e sono di spessore. Tanto di cappello a tutto il gruppo ed al lavoro di squadra. Cultura, fantasia, passione e creatività non sono proprio mancate. Le attestazione sono da imputare, da 4 anni a questa parte, a tutti coloro che hanno girato attorno a questo disegno, da quando è iniziata l’idea di fare, su uno squarcio di vita di Terenzio Grossi, un lungometraggio, divenuto, strada facendo, una pellicola coraggiosa con uno stile serrato e fluido e con particolari che potevano essere ben più agghiaccianti.

Tantissimi giovani e meno giovani, questi ultimi con lo spirito della giovinezza dentro l’anima, si sono tuffati in una avventura assoluta ricamata da tantissimi pregi e numerose singolarità ed eccellenze.

Il progetto del film “La Banda Grossi. Una storia vera quasi dimenticata” sopraggiunto al traguardo finale con la proiezione (15 settembre 2018 data da preservare) per oltre 400 invitati, alla “prima” nello storico Cinema Ducale di Urbino, è stato salutato con calorosi e sinceri applausi per tutti coloro i quali, anche minimamente, hanno messo del loro in un’opera di qualità e caratterizzazione. Bravissimi tutti.

Una pagina sociale del brigantaggio nostrano, oliato a dovere negli snodi drammatici e spettacolari da quel talentuoso giovanissimo regista che risponde al nome di Claudio Ripalti e con, in più, la collaborazione del suo braccio destro, il fratello Enrico, che ci ha tratteggiato musica e sonoro di primissima scelta ben calibrata in qualsiasi scena e scenario, e del suo braccio sinistro, la costumista Daniela Cancellieri che, con la sua verve, nel taglia e cuci, e lo studio profondo delle atmosfere di fine Ottocento, dà salda tenuta ed eleganza a briganti e nobildonne, contadini e padroni terrieri, osti e preti, carabinieri, prefetto e semplici comparse.

Il film di Claudio Ripalti si situa di potenza in quel filone del cinema di ricostruzione documentaria dove il melodramma per l’eroe del popolo, Terenzio Grossi, assalito da rabbie e tormenti, è appena percettibile mentre il film, secondo il nostro modesto avviso, trae forza dalla solidità del racconto che viaggia nella narrazione di uno dei briganti, Olinto Venturi, “il bello” e dal tradimento meschino di Sante Frontini, “il sanguinario”, violento sin da bambino (“un giorno cavò gli occhi a un passante solo per averlo guardato”).

Un film che trae forza dalla coerenza e dal giusto equilibrio tra la razionalità e le emozioni. Claudio Ripalti rievoca le varie fasi della storia di Terenzio Grossi, dalla fuga dal carcere di San Leo alla sua morte colpito vigliaccamente di spalle, ed il clima circostante con piglio popolare senza ridondanza, tratteggiando vibratamente le figure “dei magnifici 7 briganti” più Marco Grossi, fratello minore di Terenzio e pentito nel 1861 per i crimini commessi insieme alla banda. Ripalti romanza le loro personalità ed i loro comportamenti come fossero spennellate d’autore.

Alla fine impareremo a non abbinare i nostri sentimenti a nessuno dei vari personaggi perchè “qui, di innocenti, non ve n’è manco uno”. Un’eccellente interpretazione di tutti ed una fotografia, per certi tratti abile, concorre all’affermazione di questo film, opera prima di Claudio Ripalti. Denso e incisivo, ancor più di Camillo Ciorciaro (Terenzio Grossi), è Rosario Di Giovanna (Sante Frontini), una verità fisica, una esattezza di contorni psicologici e psichici, ma non dimenticheremo Roberto Marinelli (il Prefetto), maestro di doppiezza, e Simone Baldassarri (Il Brigadiere Carnevale) che dà efficace risalto all’inseguimento dei “banditi” senza scivolare mai nell’enfasi giustizialista, insieme ad una folta schiera di attori professionisti e non, di dilettanti e di comparse. Il film può tradire qua e la una certa stanchezza d’ispirazione ma offre una chiave nuova per la lettura di un cinema che rievoca anni bui della nostra vicina storia, ma alza anche un segnale di riflessione: l’idea che si continua ad avere del futuro in quel ghigno beffardo e caricaturale di “Frontini – Rosario” verso un orizzonte che promette ancora paure ed angosce.

Un nuovo genere di western? Qualche episodio potrebbe parlare affermativo, per esempio il duello tra Frontini e Giuseppe Alunni oppure l’attacco alla diligenza o l’assalto a villa Guidarelli… Fatto sta, però, che “La Banda Grossi” è quello che ognuno meglio lo sposa (il film) ai propri fantasmi. Chapeau. (eg)

 

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