CRONACAIN PRIMO PIANOSENIGALLIA

“L’ambulatorio medico solidale è importantissimo, ma conferma la resa della sanità pubblica”

“L’ambulatorio medico solidale è importantissimo, ma conferma la resa della sanità pubblica”

Riprendiamo da La Voce Misena, il settimanale della Diocesi di Senigallia, una provocatoria e stimolante riflessione del dottor Gabriele Pagliariccio, un medico che lavora nel Servizio sanitario e che vede tanti rischi per la sanità pubblica: “Se vi è necessità di un ambulatorio per i malati poveri significa che lo Stato è battuto, ha perso, non riesce più a garantire la salute dei suoi cittadini”

SENIGALLIA – Sabato pomeriggio c’è stata, al Teatro La Fenice, la presentazione ufficiale al pubblico dell’ambulatorio medico solidale Paolo Simone Maundodé, che già a partire dal nome di origine africana è riuscito a raccontare il senso di un progetto straordinario. “Sono quello che sono grazie a loro” è il significato della parola Maundodé, e tutto questo è emerso con forza, in occasione della presentazione, in quanto abbiamo bisogno l’uno dell’altro, di cooperazione, “di soddisfare il desiderio di riempire la nostra vita e di farlo insieme agli altri”, come ha detto la dottoressa Emanuela Sbriscia Fioretti, moglie di Paolo Simone, “mamma” e presidente onorario di Maundodé. È lei che ha raccontato ad un teatro strapieno, i dettagli dello studio multidisciplinare, partire dal contesto socioeconomico (la disuguaglianza sociale, la rinuncia alle cure per motivi economici, per liste d’attesa troppo lunghe, per l’eccessiva distanza dalla sede delle cure), ed ha approfondito poi gli obiettivi, primo tra tutti quello di garantire il diritto alla salute alle fasce più deboli della popolazione, le modalità di accesso e le svariate attività sanitarie previste.

Oggi, su questo argomento, ci sembra particolarmente interessante riprendere una provocatoria e stimolante riflessione del dottor Gabriele Pagliariccio, un medico che lavora nel Servizio sanitario e che vede, come molti di noi, tanti rischi per la sanità.

“Un ambulatorio che sa di resa” è il titolo dell’intervento (nella foto), apparso nell’ultimo numero de La Voce Misena, il settimanale della Diocesi di Senigallia. Quello del dottor Pagliariccio vuole essere un grido di allarme, nel constatare, purtroppo, il progressivo smantellamento della sanità pubblica.

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di GABRIELE PAGLIARICCIO

L’ambulatorio solidale Paolo Simone Maundodè è nato da poco da un’iniziativa spontanea di alcuni medici e infermieri di Senigallia insieme alla Fondazione Caritas con il fine di fornire prestazioni sanitarie gratuite – generalistiche e specialistiche – a chiunque – italiano o straniero – ne abbia necessità.

Una iniziativa nata con fini solidaristici che ci ha unito nell’intento di promuovere la salute di chi è disagiato e non ha risorse economiche per sottoporsi a cure mediche; in particolare l’obiettivo è quello di permettere l’accesso alle cure alle fasce meno abbienti di cittadini italiani che, sempre più frequentemente, non hanno la possibilità di ricevere cure adeguate e gratuite.

Questa iniziativa, nel suo grande entusiasmo solidaristico, ci deve comunque indurre in considerazioni di ampio respiro.

L’enorme arretramento dello Stato: sino a pochi anni fa’ non ci saremmo neanche immaginati di dare vita ad un progetto di questo tipo. Nel corso degli ultimi anni lo Stato ha drammaticamente arretrato la propria azione: sotto i colpi della spending review le prestazioni fornite dal Sistema Sanitario Nazionale si sono gradualmente ed inesorabilmente ridotte sino a creare larghi varchi che sono stati colmati dai privati con prestazioni a pagamento (il cosiddetto out of pocket) per gli utenti-pazienti.

Negli ultimi anni la spesa dello Stato italiano per la salute è cresciuta meno dell’inflazione (cioè è decresciuta!) ed è la più bassa fra i maggiori Paesi industrializzati in rapporto al Pil.

Il recentissimo rapporto Oasi 2017 dell’Università Bocconi ha sottolineato come il 7.9% degli italiani (circa 5 milioni di persone) sia sotto trattato perché la prestazione sanitaria di cui ha necessità è troppo costosa, viene erogata troppo lontana od il tempo di attesa troppo lungo.

Tutto questo va a vantaggio del privato che acquista fette di mercato sempre maggiori approfondendo ancora di più la spaccatura fra chi è economicamente agiato e chi non può permettersi di pagare le cure necessarie.

La rassegnazione degli italiani è un altro indicatore preoccupante; ci stiamo rassegnando al fatto che senza pagare non sia possibile curarsi. E’ un sentimento oramai diffuso: se non si paga, specialmente nell’ambito della specialistica ambulatoriale, non si riesce a farsi visitare, a ricevere cure adeguate. Oramai ci rivolgiamo molto spesso direttamente alle prestazioni a pagamento (dentro o fuori dalle strutture pubbliche) perché sono più efficienti, ci sono i sanitari migliori ed i tempi di attesa sono più brevi. Siamo arrivati a questo dopo anni di graduale e progressivo smantellamento del Sistema Sanitario Nazionale.

È un diritto talmente bistrattato e ridotto al lumicino che tutti ne hanno sviluppato la percezione come di un qualcosa di impalpabile: eppure ricevere cure adeguate e gratuite è un diritto costituzionalmente tutelato e confermato nella gloriosa legge 833 del 1978: tutti siamo degni di ricevere le stesse cure indipendentemente da ogni discriminante.

Ma per riaffermare questa prerogativa è necessario stimolare le istituzioni con il contributo di tutti non solo degli addetti ai lavori perché le agende della politica siano cariche dei diritti di chi non può curarsi e molto meno degli interessi delle lobby che in ambito sanitario influenzano scelte e strategie.

Una cocente sconfitta: l’ambulatorio Paolo Simone rappresenta una sonora sconfitta dello stato di diritto. Non una nostra sconfitta, di chi si è rimboccato le maniche per costruirlo, ma del Sistema Sanitario Nazionale che non è più in grado di dare risposte adeguate al bisogno di salute sul territorio. Se vi è necessità di un ambulatorio per i malati poveri significa che lo Stato è battuto, ha perso, non riesce più a garantire la salute dei suoi cittadini.

Ed oltretutto creare un ambulatorio solidale significa dare solo una risposta al problema, non trovare la sua soluzione. Chi provvederà alla salute di chi non riesce a curarsi a Palermo o a Brescia od in qualsiasi altra parte d’Italia? E’ necessaria una risposta strutturale al problema che solo il Sistema Sanitario Nazionale può dare in modo che la salute sia assicurata a tutti in maniera uniforme sull’intero territorio nazionale.

E di fronte a questa iniziativa gli amministratori della sanità pubblica dovrebbero perlomeno farsi delle domande, se non sentirsi imbarazzati: l’esigenza di un ambulatorio che garantisca assistenza sanitaria agli ultimi rappresenta il fallimento delle politiche sanitarie sul territorio, indica che gli sforzi fatti sono stati vani o perlomeno inefficaci.

Il futuro: se l’attuale trend non si invertirà gli ambulatori solidali come quello Paolo Simone rischiano di diventare l’unica opportunità per i poveri di accedere alle cure mediche e dovranno strutturarsi come una sorta di ospedali dei poveri, veri e propri Charity Hospital. In alternativa ci sarà una sanità per ricchi, per chi può pagare, costituita da ospedali gestiti dai privati, con grandi tecnologie e potenzialità e con sanitari motivati e ben pagati. In mezzo una sanità pubblica che non avrà le capacità economiche e tecniche per sostenere le cure della popolazione ed a cui verranno affidati i pazienti più difficili e “dispendiosi”, i cronici che nessuno vuole trattare, i malati oncologici, i terminali.

Se non è questo quello che vogliamo…

 

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