ECONOMIAIN PRIMO PIANOURBINO

Urbino non è più un paese per piccoli negozi: chiude anche la libreria di via Mazzini

Urbino non è più un paese per piccoli negozi: chiude anche la libreria di via Mazzini

La denuncia di Piero Sestili, capogruppo Pd in Consiglio comunale: “La città precipita verso il traguardo dei 100 negozi chiusi”

URBINO – Parafrasiamo il titolo di uno splendido film e di una trasmissione radiofonica: “non è un paese per piccoli negozi”! Né, ancor più grave, aggiungiamo, per librerie piccine, indipendenti, ma di qualità, dove si possono trovare volumi rarissimi, irreperibili, originari, pressoché introvabili. Diceva bene Piero Sestili, capogruppo Pd in Consiglio Comunale, in mezzo questo clima di festività targate 2017: <<Urbino precipita verso il traguardo dei 100 negozi chiusi>>.

E proprio durante il ponte dell’Immacolata vedere, leggere e fotografare “chiuso per sempre” nella piccola libreria libera di via Mazzini, lato destro quando si sale, è stata come una stoccata devastante per l’anima. Non è stata abbassata la saracinesca perché i gestori, con visibilità, vogliono colpire con forza una politica che porta alla moria, alla resa di botteghe cosiddette “storiche”. Piange il cuore per un danno, alla impareggiabile Urbino universitaria e spumeggiante di cultura e di studiosi, non certo e solo economico ma enormemente sociale. Si aggiorna, dunque, la necrologia delle serrate nella Capitale del Rinascimento mentre proliferano, tra i vicoli storici e le vie monumentali, kebab take away, pizzerie al taglio, friggitorie, alimentari etnici, bar. A breve sushi. Di porchetterie se n’è già parlato troppo ultimamente.

E dire che la piccola libreria aveva aperto i battenti da nemmeno tanto tempo. Evidentemente aprire per chiudere. E’ la fine di un’epoca. Negli anni Settanta, in piazza della Repubblica, era un moltiplicarsi di accademici (“Mimmo” Domenico Losurdo, Pasquale Salvucci, Arturo Massolo, Italo Mancini…), scrittori (Zeno Fortini, Gualtiero De Santi, Paolo Volponi, Umberto Piersanti, Maria Lenti, Vittorio Emiliani…), artisti (Piacesi, Ceci, Castellani, De Santi detto “il Balilla”, Renato Bruscaglia, Logli…) e artigiani di una raffinatezza unica. Quanta cultura, quanta civiltà della vita, quanti investimenti nella lettura e nell’arte! Oggi? “…neanche un prete per chiacchierare”, qualche volta un giovane frate francescano alla ricerca del “gregge” perduto. Un mestiere quello del libraio che non farà diventare ricchi ma certamente arricchisce qualcosa dentro ognuno di noi. E dire che in Europa, in qualsiasi paese sperduto c’è sempre una libreria ed un libraio che ancora archivia e cataloga a penna.

In Urbino, a biro, solo quel biglietto disperato: <<chiuso per sempre>>. Il presidio collettivo se ne va e non c’è, all’orizzonte, ritorno. Sottolinea Rosanna Cappelli, dirigente “Electa” <<al declino della politica fa seguito il declino intellettuale perché nel nostro Belpaese non si tiene più conto della conoscenza come forma di sviluppo>>. Magazzini sbarrati, locali lasciati sfitti, annunci di “cedesi attività”, saracinesche calate e abusivamente imbrattate dai graffitari di turno; tutto questo, in Urbino, cresce quotidianamente. Non è una fiction, ma, sotto i torricini, la dura realtà: cambia in continuazione la metamorfosi della “città università campus”, le insegne accese si spengono. Buonanotte suonatori. (eg)

 

Ag – RIPRODUZIONE RISERVATA - www.laltrogiornale.it