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Il Digitografo, la rivoluzione nel mondo della fotografia nell’ultimo saggio del professor Enzo Carli

Il Digitografo, la rivoluzione nel mondo della fotografia nell’ultimo saggio del professor Enzo Carli

SENIGALLIA – In questi giorni è stato pubblicato Il Dagherrotipo mutante (Ed.Ideas 2017 Bn), ultimo saggio del professor Enzo Carli, sui mutamenti della fotografia.

Da tempo la fotografia cerca di ritrovare un’altra identità soprattutto alla luce dei mutamenti  indotti dall’informatica, dalla querelle digitale/analogico e dalle questioni legate all’opportunità di una analisi colta e rigorosa, che fornisca le motivazioni sul metodo e sulla  pratica. Quella che da più parti è stata salutata come la rivoluzione digitale ha incrementato la corrente di immagini che vengono continuamente (e compulsivamente) postate sul web, grazie alle continue generazioni di cellulari e di macchine  sempre più tecnologiche che nel giro di pochi anni hanno insidiato il primato della definizione analogica. Tra gli estimatori delle fotografie analogiche e digitali si sono verificate in questi  anni inutili e sterili polemiche mentre la fotografia sta semplicemente estendendo  il proprio dominio interagendo con altre forme espressive. La pretesa di questo testo (con i suoi scritti in libertà) è anche quella di fornire una serie di elementi che indipendentemente  dalle pratiche utilizzate, aiutino a comprendere il nuovo  percorso della fotografia, che non  può prescindere comunque da quella che è stata la grande metamorfosi. A tale proposito  è utile attivare un processo di revisione critica e storica culturale che dovrà tener conto  dei passaggi di forma e contenuto, di come abbiano inciso nella pratica fotografica i mutamenti  generazionali. Una riflessione da parte della fotografia sulla stessa sua natura.

La fotografia digitale è entrata operativamente in scena intorno al 2005 e in circa 12 anni ha rivoluzionato il modo e il mondo del  “pensare” fotografico.

Tale cambiamento epocale ha cambiato radicalmente tutte quelle manualità e i tempi che, sino all’avvento  del sensore elettronico, erano necessari per produrre un’immagine fotografica.

Il risultato dello scatto in fase di ripresa è immediatamente visibile grazie allo schermo presente sulla fotocamera, aumentando da un lato la tranquillità del fotografo sulla composizione e i corretti parametri di tempo e diaframma e diminuendo, dall’altro, quell’attenzione dei settaggi che prima era basilare e che  connotavano forse maggiormente la “figura” del fotografo stesso.

La fotografia digitale proietta  le immagini attraverso un sistema ottico, avvalendosi di un  sensore (congegno elettronico sensibile alla luce) che le converte in  formato digitale e le  carica  di solito su una scheda ( memory card tipo SD, Secure Digital) quale  supporto di  memoria. Le immagini ottenute con le macchine digitali di possono trasferire sull’hard  drive del computer Le macchine digitali permettono di registrare video, come webcam.

Grazie al photo editing e un computer  le immagini realizzate possono essere fortemente modificate. Si scatta l’istantanea e la si può controllare immediatamente, cancellarla e rifarla o elaborarla in post produzione con un software specifico. Non esiste un rullino (come nel dagherrotipo) e  quindi le variazioni in ISO sono automatiche o le si decide di volta in volta  posizionando il cursore sulla sensibilità voluta.

Tornando alla differenza tra queste due correnti, è fondamentale essere coscienti che  esse hanno per forza un approccio diverso. La fotografia analogica necessita, oltre che di  una preparazione tecnica e compositiva, anche di nozioni che riguardano la chimica e le  metodiche di sviluppo e stampa, mentre l’approccio digitale non può non comportare la  conoscenza della gestione dei files, dei metadati, del recupero dell’esposizione e della elaborazione del file grezzo, che va dalla taratura del punto di bianco alle altre regolazioni quali nitidezza, saturazione, compensazione eccetera.

Un altro vantaggio dell’immagine digitale è la cosiddetta geolocalizzazione, per le  fotocamere dotate di strumento GPS (Global Positioning System). Questa rivoluzione digitale che ha mutato il modo di pensare alla fotografia e di  comunicare per immagini chiama in causa studiosi, critici, sociologi, filosofi, psicologi, giuristi e sta provocando anche grazie l’immediatezza  nella diffusione dell’immagine, un mutamento nel vedere di portata universale. Si  modifica di conseguenza  il ruolo e la funzione di chi scatta in digitale(che potrebbe chiamarsi digitografo) in quanto vengono a meno tutti quei requisiti tecnici richiesti in precedenza al fotografo tradizionale.

 

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