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Anche Trecastelli entra nell’Unione dei Comuni: la fusione tra Ripe, Castel Colonna e Monterado è forse già fallita?

Anche Trecastelli entra nell’Unione dei Comuni: la fusione tra Ripe, Castel Colonna e Monterado è forse già fallita?

Se lo chiede la lista civica “Trecastelli ai cittadini” che aggiunge: “Che fine farà quella politica bella di confronto, di dialettica, a volte anche di scontro duro, ma che viene portata avanti per il bene del proprio paese? Prevarrà sempre e comunque le esigenze del comune più grande e potente?”

TRECASTELLI – Dalla lista civica “Trecastelli ai cittadini” riceviamo un contributo sul dibattito in corso sull’Unione dei Comuni. “C’erano una volta paesi e città, i propri paesi, le proprie città… c’era un senso di appartenenza a loro, c’era un legame profondo con essi…

E oggi?

Si sente parlare solo di fusioni e quando queste falliscono si rimescolano le carte e dal cappello del mago si tira fuori una bella unione.

Con l’approvazione a maggioranza avvenuta in consiglio comunale mercoledì 13 dicembre anche Trecastelli entrerà a far parte dell’unione “Terra della Marca Senone”.

Però ci ricordiamo che in campagna pro fusione per ogni via e per ogni borgata risuonavano discorsi su come la fusione fosse un’operazione necessaria per evitare future unioni, tra l’altro dipinte allora come qualcosa da evitare e poco convenienti. E dopo nemmeno tre anni…già cambio di rotta politica: gli stessi protagonisti dell’operazione fusione hanno votato in consiglio comunale un’unione con Senigallia e con i comuni limitrofi. Cosa è successo? Come si può cambiare idea in così pochi anni o forse mesi? Ad essere maliziosi si potrebbe pensare che questa amministrazione stia navigando a vista in balia di venti o di esigenze altrui.

E di questa nuova rotta i cittadini sono stati informati? Assolutamente no. Meglio prima approvare e poi far sapere? Hanno forse avuto paura della reazione dei loro cittadini?

L’adesione a questa nuova prospettiva politica documenta un fallimento della politica adottata negli ultimi anni sia su larga che su piccola scala.

Nel piccolo si fa una fusione per evitare di avere paesi con meno di 5000 abitanti e poi questa non basta più e si mette in campo un’unione. Perché?  Forse perché non stanno arrivando gli incentivi promessi? E allora ci si imbarca in questa nuova impresa anche qui con esiti economici incerti?

Poi si aboliscono le province (come organo eletto direttamente dalla popolazione e alcune loro funzioni) poi però si deve ricorrere a un’unione per coprire quella loro funzione aggregativa tra i comuni e di tramite con le regioni? Forse una gaffe legislativa da coprire in qualche modo?

Come lista pensiamo che ci sia qualcosa che non va, ma non siamo gli unici. La stessa Corte dei Conti nella relazione sulla gestione economica degli enti locali “bacchetta” il legislatore in merito proprio all’istituto delle unioni.

Si legge nel documento redatto nell’anno in corso consultabile on line, nella sezione dedicata proprio alle unioni di comuni:“ Sembra opportuno, tuttavia, che il legislatore stesso operi una scelta chiara e precisa circa il modello organizzativo preferibile per gli Enti locali, al fine di realizzare sia l’obiettivo fondamentale del risparmio di spesa, sia quelli non meno importanti della semplificazione e razionalizzazione delle modalità di erogazione dei servizi ai cittadini utenti, che potrebbero in tal modo godere anche dei possibili vantaggi in termini di pressione fiscale”.

E si legge ancora “In via più generale, l’analisi dei dati empirici conduce ad evidenziare alcuni aspetti della fenomenologia delle Udc che potrebbero costituire oggetto di riflessione nelle sedi istituzionali competenti. Ci si riferisce non solo alla soprarichiamata “incertezza” normativa che sta caratterizzando l’effettivo avvio delle gestioni associate obbligatorie, ma anche alla tendenza degli Enti a privilegiare l’associazione delle funzioni meno rilevanti in termini finanziari o di quelle per le quali già esiste un’esperienza di gestione associata. Ne consegue una poco accentuata spinta all’innovazione dei modelli di gestione e la difficoltà di accertare se agli eventuali risparmi di spesa corrisponda anche una maggior efficienza nell’erogazione dei servizi ai cittadini utenti.”

In qualche modo è quello che noi cittadini di Trecastelli stiamo sperimentando sulla nostra pelle con la fusione. Servizi migliori? Meno tasse? Strade decenti? L’unica cosa che abbiamo potuto costatare palesemente un aumento dei costi dei servizi alla persona e a quanto pare anche un aumento delle tasse. Tra l’altro esiste già da qualche anno un ambito territoriale funzione sociale e che benefici hanno avuto i singoli cittadini? Sono forse diminuiti i costi delle colonie estive, del trasporto scolastico? Dei servizi alla persona?

A tutt’oggi noi cittadini di Trecastelli beneficiamo solo in minima parte dei tanto declamati incentivi che dovevano piovere su Trecastelli; allo stato attuale delle cose possiamo ipotizzare che questi siano andati a coprire la normale macchina burocratica del nuovo comune, che essendo più grande ha costi maggiori. E ora con l’unione? Fosse la volta buona.

Tra l’altro nella relazione della Corte dei Conti, di cui prima, si mette nero su bianco che i maggiori beneficiari delle unioni sono i comuni più grandi… quindi Senigallia. Mi sa che anche questa volta noi cittadini di Trecastelli rimaniamo a bocca asciutta.

Forse no una cosa la guadagneremo sicuramente… e non solo noi di Trecastelli. Ci si guadagna in perdita del potere decisionale del proprio comune. D’ora in poi ci sarà un organo sovracomunale che deciderà tutto. Quindi cosa potrà ancora decidere ogni singolo comune?  E come si può fare buona politica allontanando sempre di più il cittadino dal vero organo deliberante? Dov’è quella democrazia di cui i partiti per primi dovrebbero essere promotori?

E noi cittadini non abbiamo diritto di esprimerci sulla questione Unione?

Il comune non dovrebbe curare i nostri interessi? Così lo sta facendo?

Che fine farà quella politica bella di confronto, di dialettica, a volte anche di scontro duro, ma che viene portata avanti per il bene del proprio paese? Prevarrà sempre e comunque le esigenze del comune più grande e potente?

I nostri amministratori si saranno fatte queste domande prima di accettare a capo chino la decisione del comune promotore?”

 

 

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