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A Senigallia campagna elettorale in corso, precetti ed ammonimenti per chi vuol diventare sindaco

A Senigallia campagna elettorale in corso, precetti ed ammonimenti per chi vuol diventare sindaco

di LEONARDO BADIOLI

SENIGALLIA – Sommessamente, ma senza titubanze, vorrei rammentare a chi pensa di  farsi sindaco di questa città alcuni precetti che potrebbero essere utili a lui, ma soprattutto a noi cittadini che ci apprestiamo a essere da lui governati.

Si tratta di ammonimenti che riguardano la politica, il programma e lo stile personale.

Cominciamo dal primo: la politica.

E’ desiderabile anzitutto che chi si presenta come candidato a sindaco compia una valutazione delle proprie effettive possibilità di diventarlo; sarebbe deludente che si proponesse solo nell’attesa di mettersi sul mercato dell’eventuale ballottaggio o di una propria ricaduta come consigliere comunale. Agendo in questo modo, si renderebbe strumento adatto a favorire il più potente allo scopo di ricavarne qualche residuo vantaggio. Personalmente credo che la legge elettorale non dovrebbe permettere al mancato sindaco di essere recuperato come consigliere.

E’ altrettanto desiderabile che il candidato sindaco non veda la carica cui aspira come primo passo di un cursus honorum che necessariamente lo porti in parlamento. La responsabilità di sindaco (come public servant) dovrebbe essere sufficiente a colmare di senso la vita di una persona dotata di qualità. Non fosse così, diventerebbe inevitabile pensarlo come un  rampante che fa tutto non per governare bene la città, ma per catturare il consenso di chi lo spingerà in alto. Quanto costa ai cittadini l’ascesa del proprio sindaco a senatore lo vediamo in questi giorni in cui la città non è più governata se non in quanto favorisce l’ascesa del suo governatore.

A questo proposito, mi pare evidente che un sindaco che viene “dalla società civile” sia più libero di compiere scelte senza condizionamenti rispetto a quelle che può compiere un rampollo di partito: abbiamo visto bene come in questi anni ogni servizio comunale sia stato sottratto al controllo locale o comprensoriale e allocato ai sistemi di gestione territoriali e controllati dagli interessi del partito egemone, al punto che ormai si può dire che il Comune di Senigallia non offra direttamente nessun servizio, e che serva soltanto a dislocare beni e risorse in base a scelte di convenienza di chi le compie.

Lo stesso si potrà dire dei collaboratori che il sindaco “di partito” indica come assessori: non liberamente scelti per le loro capacità e buona volontà, ma per l’appartenenza a un’altra formazione che si voglia cooptare come alleata.

Altrettanto evidente è il fatto che il sindaco che voglia ottenere dal proprio partito una candidatura al Parlamento non ha che da portare soldi al proprio partito, e che di fronte a questa prospettiva sia addirittura disposto a svendere intere aree urbane pur di essere cooptato in un olimpo ormai popolato da gente che si è fatta largo esattamente in questo modo.

 

 

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