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L’ipotesi di chiusura dell’Utic dell’Ospedale di Senigallia continua a destare preoccupazione

L’ipotesi di chiusura dell’Utic dell’Ospedale di Senigallia continua a destare preoccupazione

L’Associazione Cuore di Velluto Onlus intende contribuire al dibattito mettendo a disposizione dei cittadini le sue conoscenze in materia

SENIGALLIA – L’Associazione Cuore di Velluto Onlus, intende contribuire al dibattito che riguarda l’ipotesi di chiusura dell’UTIC dell’Ospedale di Senigallia, mettendo a disposizione dei cittadini le sue conoscenze in materia.

“La prima domanda a cui l’Associazione che organizza seminari di orientamento per la prevenzione – si legge in una nota -, intende rispondere è:

Quali sono le funzioni, l’organizzazione e la struttura di Unità di Terapia Intensiva Cardiologica?

“La prima descrizione delle unità coronariche fu effettuata da Julian Desmond alla British Cardiac Society nel 1961 con lo scopo di monitorare i pazienti con un infarto acuto allo scopo di intervenire rapidamente in caso di complicazioni spesso pericolose per la vita. Da allora le unità coronariche sono la struttura chiave per la cura dei pazienti cardiopatici acuti, in particolare dei pazienti con infarto miocardico acuto e/o affetti da aritmie minacciose.

“Negli anni più recenti le unità coronariche sono state trasformate in unità di terapia intensiva cardiologica (quindi sempre UTIC) accettando pazienti affetti da patologie cardiologiche gravi con necessità di monitorizzazione e di interventi tecnologici sempre più impegnativi (scompenso cardiaco, pazienti anziani o con comorbilità importanti, necessità di respirazione invasiva o non invasiva, trattamento dialitico o ultrafiltrativo, elettrostimolazione) e paziente acuti provenienti dagli altri reparti dell’ospedale.

Paradossalmente si sono invece ridotti i pazienti con infarto acuto il cui percorso diagnostico e terapeutico avviene nella prima fase fuori dall’UTIC, con l’immediato trasporto da parte del 118 direttamente all’emodinamica di riferimento per effettuare l’angioplastica coronarica e che una volta terminata la procedura rientrano spesso per essere ricoverati in reparti di degenza normale o subintensiva.

“Cosa deve garantire la rete ospedaliera per il cardiopatico acuto?

“La diagnosi e la terapia nel più breve tempo possibile. L’elettrocardiogramma eseguito già dal 118 con la possibilità di teletrasmetterlo, fa si che il paziente possa essere accompagnato presso la struttura più idonea ad accogliere il suo grado di complessità clinica. L’infarto miocardico immediatamente identificabile con l’elettrocardiogramma ad esempio viene immediatamente trasferito in Emodinamica cioè nel reparto dove si effettuano le coronarografie al fine di poter intervenire con un angioplastica (il “palloncino”) nel più breve tempo possibile. Anche se è impossibile fare una statistica precisa, i pazienti che vengono indirizzati verso un angioplastica immediata, attualmente, sono orientativamente circa il 30%. Nelle Marche i reparti adatti ad accoglierli si trovano ad Ancona, Ascoli, Macerata e Pesaro.

“Dove l’angioplastica non è immediatamente necessaria, il paziente viene ricoverato in UTIC come quelle di Senigallia, per essere stabilizzato e, in un secondo momento, se lo si ritiene necessario si procederà con l’eventuale angioplastica. Il livello dell’UTIC di destinazione viene valutato minuto per minuto per garantire ad ogni paziente il livello di assistenza adeguato. Tali percorsi sono già preordinati con una rete di trasporti adeguati per poter trasferire in sicurezza anche i pazienti più critici.

“Superata la fase acuta – si legge sempre nella nota – il paziente verrà trasferito in ambienti a minor intensità: degenza normale, riabilitazione, Day Hospital e dimissioni protette, con ambulatori dedicati allo scompenso, ai pacemaker, alla sindrome coronarica garantendo una integrazione tra Ospedale e Territorio”.

 

 

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