AREA MISACULTURAIN PRIMO PIANO

L’archeologia dei sentimenti nelle fotografie di Enzo Carli

L’archeologia dei sentimenti nelle fotografie di Enzo Carli

L’archeologia dei sentimenti nelle fotografie di Enzo Carli L’archeologia dei sentimenti nelle fotografie di Enzo Carli L’archeologia dei sentimenti nelle fotografie di Enzo Carli

di ARMANDO GINESI

I SENTIMENTI SONO I RESPIRI DELL’ANIMA. Sono eterni epperò si rivelano nel tempo, perché è in esso che si inverano. Possono essere forti oppure lievi; sapere di amore o di odio; odorare di amicizia o di rancore; esprimere gioia o tristezza: riassumono, in buona sostanza, l’intera potenzialità dell’essere dell’uomo. Sono moti interiori che si manifestano esteriormente. Nascono da stimoli sensoriali o da elaborazioni mentali. Per depositarsi nella memoria.
Enzo Carli, con il suo obbiettivo, ce li propone questi sentimenti conservati nel proprio luogo mnemonico di raccolta, evocati e trasformati in immagini. Di qui il richiamo all’archeologia contenuto nella serie di opere, come a qualche cosa che appartiene al passato, ad un vissuto al quale, tuttavia, si attinge per trarre linfa di vita presente e, perché no?, pungolo per una progettazione orientata al futuro.
Ma i sentimenti, ancorché datati, ancorché antichi o addirittura arcaici, si ripropongono mediante vari stimoli, come già detto, tra i quali vanno compresi quelli forniti dall’osservazione delle immagini del mondo: da quelle naturali e casuali a quelle “fabbricate”. Si tratta di stimoli che, una volta ricevuti dalle immagini, vanno a produrre sentimenti nuovi che si legano a quelli passati perché, lo ripeto, pur vivendo nel tempo, essi sono di fatto eterni e dunque senza tempo.
Quello che l’occhio vede, quello che l’occhio pensa, quello che l’occhio ricorda: è questo, a me pare, il leit-motiv sotteso alla serie fotografica Archeologia dei sentimenti di Carli. Si possono fotografare gli stati d’animo? I sentimenti? Le energie spirituali impalpabili? Le immagini proposte da Enzo Carli dimostrano quanto ciò sia possibile. Eros, nostalgia, struggimento, amore per la natura, sentimento del passato, sogno, gioco, intridono le foto che l’obbiettivo carliano ci offre, in un intrico ordinato e leggero di relazioni psichiche e spirituali che dall’oggettività delle cose prende spunto per immettersi all’interno dei meandri dell’anima. E la memoria gioca un ruolo di primo piano, perché è essa che si filtrano ed elaborano le emozioni con cui il fotografo guarda, interpreta e restituisce le immagini prima reali e successivamente create. Così funziona il meccanismo dell’invenzione e della creatività attraverso il quale un qualsiasi autore di azione si trasforma in artista. Ed è così che Carli opera con il suo obbiettivo fotografico.
Dovrei dire, in aggiunta a queste frettolose considerazioni, della sapienza tecnica con la quale il fotografo affronta e risolve il linguaggio specifico della ricostruzione ideale ed emozionale del mondo mediante il proprio obbiettivo. Ma nel caso di Enzo Carli questo discorso è superfluo tanto è notoria la sua qualità del dire fotografico e, in ogni caso, non sta a me doverlo sottolineare. Il mio compito, invece, è quello di mettere in evidenza l’afflato emotivo con cui le cose vengono viste, fermate, elaborate e trasferite ai riguardanti: in altri termini tradotte in immagini artistiche.

(Tratto dal libro: Cinquant’anni attorno all’arte. Dalla A alla Z. III edizione)

Ag – RIPRODUZIONE RISERVATA - www.laltrogiornale.it