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SENIGALLIA / Nonostante il voto contrario dei cittadini il sindaco punta ancora alla fusione con Morro d’Alba

SENIGALLIA / Nonostante il voto contrario dei cittadini il sindaco punta ancora alla fusione con  Morro d’Alba

Nell’ultimo Consiglio comunale non ha volutamente preso atto dell’esito della consultazione referendaria. Polemica presa di posizione del Comitato per il No: una brutta pagina per la città ed una regressione della Democrazia

SENIGALLIA – Dai referenti Leonardo Badioli e Riccardo Pizzi del Comitato Referendario “NO alla fusione con Morro dìAlba” riceviamo questo contributo a commento della discussione tenutasi nella seduta dell’ultimo Consiglio comunale di Senigallia in merito alla mozione sulla presa d’atto dell’esito referendario del 23/10.

“Erano tempi che Gaber cantava dagli altoparlanti di sinistra il suo inno “Libertà è partecipazione”. La canzone era del 1972 ma fu ripetuta fino a pochi anni fa. Poi sono morti entrambi, cantante e
canzone. E siamo morti noi in quanto cittadini, sempre più inutili sotto regimi sempre più lontani: non solo nel governo di un mondo dominato dalla falsa economia della finanza internazionale, o di una nazione che non ha più regole, ma anche negli enti locali, che dovrebbero essere i più vicini alle persone amministrate. Non si tratta in realtà di un’involuzione, ma di un progetto lucido: allontanare il più possibile i cittadini dalla sindacabilità delle decisioni.

“Processo al quale il nostro sindaco, sempre meno primo cittadino e sempre più amministratore-teatrante, dà il suo contributo personale nel mezzo del dibattito consiliare con una personale ideona: siccome i cittadini non sarebbero all’altezza della sua lungimiranza, prima si dovrebbero fare le cose e poi chiedere nel caso agli elettori se andavano bene o no. A teatro gli applausi si fanno alla fine della rappresentazione.

“Il caso in questione riguarda il referendum, (consultivo e senza quorum) sulla incorporazione del comune di Morro d’Alba in quello più grosso di Senigallia. Prevalsero i no, come ricorderete, rovesciando l’indirizzo già approvato dei consigli comunali dei due comuni; si tratta ora da parte delle rispettive amministrazioni di recepire quel no popolare e confermarlo o revocando l’atto o votando un nuovo documento che ne tenesse conto. Visto che nessuno ha mosso una paglia – “dimenticare i referendum” sembra oggi la prima preoccupazione di chi li ha persi – è toccato all’opposizione (Martinangeli, Palma, Sartini) proporre che il Comune riconoscesse la volontà dei cittadini.
“Ne è scaturita una discussione nella quale gli esponenti della maggioranza (Pierfederici, Pedroni e Mangialardi due volte) hanno dichiarato “inutile” il riconoscimento richiesto, ricordando che ormai tocca solo alla Regione decidere sulle sorti dei due Comuni; per parte loro, i proponenti invece ritenevano importante che il Comune facesse proprio il consulto dei cittadini e lo segnalasse alla Regione in modo che anche quella se ne rendesse consapevole e decidesse di conseguenza.
“Niente da fare. La proposta è stata respinta con l’ampio margine, per ora, che separa la maggioranza dalla minoranza. Ora, chi immagina il cliché di una minoranza urlante e di una maggioranza composta e ferma nelle sue decisioni, si sbaglia di grosso. Il dibattito – come ormai avviene spesso – è stato monopolizzato dallo show di un sindaco che non risparmia i toni aggressivi, scomposti ed irridenti nei confronti di chi osa pensare in modo diverso dal suo: in questo caso la città.

“La situazione che si determina dopo questa giornata vede due amministrazioni confermare le proprie intenzioni sopra e contro la volontà espressa dai cittadini: quelli di Morro in modo pressoché unanime e quelli di Senigallia in modo molto significativo. Prova ne sia che, perso il referendum, il Sindaco tenta di destituirlo introducendo a posteriori il quorum che non c’era: secondo lui la partecipazione esigua alla consultazione sarebbe non rappresentativa dei  cittadini senigalliesi, che certamente lui conosce meglio grazie ai baci che distribuisce quotidianamente alle signore e alle pacche che riserva agli uomini, per strada o addirittura in consiglio comunale dopo le sue cavatine. Nessuna menzione del fatto che per mesi la Giunta ha tenute nascoste le proprie intenzioni e della fretta renziana che poi è sopravvenuta nella convinzione di un successo scontato; né pensiero che molti senigalliesi non si siano neanche mossi di casa per esprimersi su un progetto tanto bislacco e mal motivato, compresi gli elettori e gli iscritti del suo stesso partito.

“Non sarà certo colpa di chi si è adoperato per il no se i suoi compagni di fede politica l’hanno lasciato solo.

“Questa brutta pagina della storia di Senigallia segna un passo forse decisivo nel processo generale di trasformazione dei cittadini in sudditi e del “Comune” in “despotato”. Altre si stanno già tracciando con l’Unione dei Comuni delle valli Misa e Nevola, dove non è l’unione che preoccupa (del resto esisteva già una forma associativa dei Comuni negli anni novanta, ma rispettosa delle autonomie) quanto lo scopo malcelato, o addirittura esibito, di allontanare i centri di decisione  dalla partecipazione diretta della popolazione.

Altre con l’anticipazione operativa tutta “politica” delle macroregioni. Altre ancora con l’infrattamento dei processi decisionali nelle varie società di servizi semiprivate e semipubbliche, dunque indecifrabili, e nella dispersione in “area vasta” dei poteri comunque imperscrutabili nei bilanci e nelle modalità operative.

“A noi post-cittadini resta il compito di pagare il conto e battere le mani: centomila euro ben spesi nella consultazione vengono dissipati dal disconoscimento del risultato; una Tari sempre crescente a saldo di una inefficienza maliziosamente programmata; sanità e utilità infeudate nei processi di falsa privatizzazione; il dissanguamento conseguente delle opportunità di lavoro, tutte raggrumate a favore del personale politico.

“Inutilmente erano stati posti i fondamenti di una “democrazia dal popolo, per il popolo, attraverso il popolo”; inutilmente abbiamo cantato la speranza che la partecipazione ci rendesse liberi dal confino e dalla ricusazione. Cosa possiamo rispondere a questa regressione della democrazia? Che ci vediamo il 25 aprile, dove stavolta vi canteremo in faccia “Belli ciao”.

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