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SENIGALLIA / Italia Nostra denuncia la pratica barbara della capitozzatura degli alberi

SENIGALLIA / Italia Nostra denuncia la pratica barbara della capitozzatura degli alberi

SENIGALLIA / Italia Nostra denuncia la pratica barbara della capitozzatura degli alberi SENIGALLIA / Italia Nostra denuncia la pratica barbara della capitozzatura degli alberi SENIGALLIA / Italia Nostra denuncia la pratica barbara della capitozzatura degli alberi SENIGALLIA / Italia Nostra denuncia la pratica barbara della capitozzatura degli alberi

di VIRGINIO VILLANI*

SENIGALLIA – La potatura degli alberi fa parte della gestione ordinaria del verde urbano. Ma il risultato che ci consegnano spesso le imprese del verde a volte è davvero raccapricciante. Alberi con la chioma mozzata, scheletri senza foglie, figure informi più simili a sculture postmoderne che ad esseri viventi. E’ questo il trattamento riservato a scadenze prestabilite al verde urbano ed extraurbano un po’ ovunque, Senigallia compresa. Il caso più recente è quello di via Feltrini (vedi foto), dove il metodo della capitozzatura è stato applicato agli aceri in modo barbaro e incivile. Ma la pratica è molto diffusa e usata da decenni, motivata con la convinzione illusoria di risparmiare denaro ed evitare problemi. A niente sono servite le battaglie condotte da almeno mezzo secolo dalle varie associazioni ambientaliste.

Questi tagli innanzitutto alterano e deformano la fisionomia naturale delle piante e vengono applicati perfino alle querce. Un albero capitozzato non riuscirà più a riacquisire la sua naturale forma e perde così la sua funzione estetica: finché non ricompaiono le foglie appare sfigurato e mutilato; quando metterà le foglie formerà una chioma a forma di palla.  Ma non è solo una questione paesaggistica ed estetica, è anche un danno economico. Si fa presto infatti a tagliare con la motosega in modo indiscriminato: è un’operazione molto più semplice e veloce del taglio selettivo e dà l’illusione di risparmiare tempi e costi. Ma sul medio-lungo termine i costi si accrescono enormemente innanzitutto perché aumenta la frequenza e la portata degli interventi di manutenzione.

Poi il verde urbano ha un valore intrinseco. Le piante aiutano la qualità della nostra vita, mostrando una capacità, che non uguali in natura, di entrare in simbiosi con l’uomo e gli animali. La presenza della vegetazione in aree urbane è indispensabile per la purificazione dell’aria, la regolazione del clima, la difesa del suolo dall’erosione e la riduzione dell’inquinamento acustico. E’ accertato che gli alberi, grazie alla loro ombra, possono mitigare le temperature delle città tra i 2 e gli 8 gradi; se sono piantati vicino a un edificio consentono di ridurre del 30% il costo dell’aria condizionata in estate e di abbattere le spese per l’energia fra il 20 e il 50% in inverno. Ma i benefici ambientali riguardano anche la salute. Un solo grande albero assorbe 150 chili di CO2 all’anno, filtrando anche le polveri sottili emesse dal traffico e dalle caldaie domestiche. Gli alberi influiscono positivamente sullo stato psichico dei residenti attraverso una migliore integrazione uomo-natura e sono un antidoto contro l’ansia e la depressione. Il valore di un albero in termini di benefici per l’ambiente e risparmio energetico è sempre superiore al costo di una corretta manutenzione.

Ma le autorità comunali continuano ad essere convinte che il modo migliore per risparmiare denaro e salvaguardare l’incolumità pubblica sia quello di dare licenza a potature radicali, una specie di dare carta bianca alle ditte, non sempre selezionate in base alla competenza, le quali per ridurre i costi intervengono in modo radicale come loro più conviene. Inoltre non è vero che la potatura possa migliorare lo stato di salute delle piante. È vero semmai il contrario. Gli alberi crescono bene da soli, se li si lascia stare. Ad ogni ramo tagliato corrisponde una radice che muore. La potatura dovrebbe limitarsi una semplice asportazione selettiva di rami secchi e all’eliminazione di parti morte, morenti o pericolose per la vita urbana, e poi al contenimento in caso di crescita ingombrante. Diversamente si innesca una reazione della pianta, che attiva le gemme latenti forzando la rapida crescita di germogli attorno a ogni taglio, con il risultato di avere una chioma più fitta, più brutta e più necessaria di un nuovo intervento.

Gli effetti poi a lungo termine della capitozzatura sulla salute della pianta sono inesorabili: indebolimento, invecchiamento precoce, malattie, insediamento di parassiti con il rischio anche di cedimento improvviso dei rami o il collasso dello stesso albero. I mozziconi di un albero capitozzato formano delle ferite difficili da rimarginare e sono facilmente attaccabili da insetti e parassiti, ma anche dalle spore di funghi che causano carie del legno. La capitozzatura, eliminando la chioma sconvolge l’equilibrio energetico della pianta, determinando l’abbassamento delle difesa da agenti patogeni e aggressioni esterne.

Allora a fronte di alberi sani, a che cosa serve procedere a potature radicali ogni tre o quattro o cinque anni ? Il verde urbano fa parte del patrimonio pubblico al pari dei manufatti stradali ed edilizi e come tale fini della sua conservazione la pratica raccomandata e di buon senso è quella della manutenzione. Se se ne vuole contenere le dimensioni non sarebbe più sensato lasciarli al loro sviluppo naturale e limitarsi ad interventi di selezione durante la crescita, e poi di contenimento, di eliminazione dei rami secchi o malati, di pulizia generale ecc.? Probabilmente si potrebbe fare con la stessa spesa e con grande vantaggio dell’aspetto dei viali e della salute delle piante. Basterebbe affidare la manutenzione a ditte competenti sulla base di convenzioni pluriennali. Il vero risparmio si può ottenere al momento della progettazione, con una scelta meditata del numero e delle specie delle piante ecc., segnando un’inversione di tendenza rispetto alla pratica fin qui seguita degli interventi sporadici, contraddittori e inadeguati, spesso anche eseguiti su richiesta di privati, al posto di una pianificazione ordinata e coerente anche sulla base delle indicazioni ricavabili dal Piano del Verde.

Ma condizione indispensabile per tutto ciò sarebbe l’approvazione di un regolamento del verde, lo strumento democratico per eccellenza, visto che la democrazia funziona sulla base di regole condivise e non sulla convenienza o sul punto di vista personale di questo o quell’amministratore o di questo o quel dirigente. Un regolamento del verde, che nasca una buona volta dal confronto fra i vari portatori di interesse e che fissi una volta per tutte i criteri per la scelta, l’impianto e la manutenzione del verde, potrebbe porre fine a decenni di polemiche e incomprensioni. Ma qualcuno lo sente forse come una limitazione del proprio potere.

*Presidente della sezione di Senigallia di Italia Nostra

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